🇦🇷  Si scrive Lionel Messi, si legge calcio

Aggiungere qualcosa a quanto osservato ieri sera, a margine della prima semifinale del Mondiale 2022 vinta 3-0 dall’Argentina sulla Croazia, appare decisamente complicato. Una Seleccion cinica nello sfruttare le disattenzioni della difesa avversaria, dopo una prima mezz’ora di gara egregiamente condotta da Modric e compagni sul piano della gestione e della mentalità, e poi un uragano che ha pian piano sbriciolato le convinzioni della truppa di Dalic apparsa, con il passare dei minuti, impotente dinanzi a un fenomeno che sembrava avere quasi del mistico: Lionel Messi. 

Una prova (l’ennesima nel torneo in corso di svolgimento in Qatar) spaziale, quella della Pulga, abile a incastonare il rigore del vantaggio all’incrocio dei pali, a porre in essere una prestazione totale sul piano tecnico, fisico e della leadership e a mettersi sulle spalle ancora una volta un’Albiceleste studiata, creata e coltivata nel segno del sette volte Pallone d’Oro. 

Un gruppo che vede nell’asso del Paris Saint-Germain la propria guida, il proprio condottiero e messo in piedi proprio nel segno, e nel solco, del diez rosarino. Un Leo come quello osservato in queste settimane non lo si vedeva dai tempi d’oro di Barcellona, probabilmente galvanizzato dalla convinzione di rappresentare la stella polare della Scaloneta, status oggettivamente non posseduto in via esclusiva a livello di club a causa della presenza di compagni di reparto altrettanto ingombranti, e dalla spasmodica voglia di raggiungere un qualcosa che – almeno fino a domenica pomeriggio – fin qui in carriera gli è sempre sfuggito.

Un Messi che si concede molte meno “pause” di quanto si sia visto negli ultimi anni durante i novanta minuti, che si abbassa fino alla propria trequarti con la voglia di toccare ogni pallone, che gestisce palla con l’eleganza di un ballerino di Tango e che disegna calcio in qualsiasi porzione del sipario sul quale è chiamato a recitare il proprio copione: la giocata su Gvardiol, miglior difensore del Mondiale e tra i più promettenti d’Europa, in occasione dell’assist per il tris sudamericano, poi, è pura poesia.

Riassumere cosa rappresenti Messi per l’Argentina – e per il calcio – sarebbe riduttivo e mai sufficientemente esaustivo per una figura che va ben oltre il rettangolo verde. Ci proviamo con alcuni semplici, ma fantascientifici numeri.

 

La freschezza di Julian Alvarez, la garra e il dinamismo di De Paul, Enzo Fernandez e Mac Allister, la solidità di Otamendi e Romero. 

Ma, soprattutto, la magia del gruppo, sommata a quella del suo capitano. Messi e il Mondiale, il Mondiale e Messi. Un binomio mai riuscito prima che ha spesso portato a escludere che la Pulga possa essere considerato il migliore della storia. Manca solo un ultimissimo step affinché ciò possa davvero avverarsi? Nel caso accadesse, come cambierà il giudizio su di lui? Se non dovesse accadere, invece, davvero quanto finora detto potrà essere mascherato da una singola gara, per quanto unica nel suo genere? Davvero, ciò, potrà incidere sulla valutazione complessiva di un campione totale?

Domande cui è difficile (se non impossibile) rispondere e che, indipendentemente dal risultato della finale, verranno consegnate alla storia per l’eternità.

Nel frattempo, però, dovremmo solo ringraziare di essere nati nell’epoca giusta per ammirare le gesta di un campione senza tempo, né luogo: si scrive Lionel Messi, si legge calcio.

By Nicola Cosentino

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