Lorenzo Pellegrini, capitano della Roma, ha rilasciato un’intervista ai microfoni di DAZN soffermandosi su diverse, interessanti tematiche relative alla sua avventura in giallorosso. Queste – riportate da Siamolaroma.it – le sue dichiarazioni:
“Non essere più il ragazzo della Primavera mi ha fatto tanto bene, tanto che i primi mesi al Sassuolo non giocai mai, saltai le prime 10. C’erano degli aspetti in cui dovevo migliorare per poter giocare a certi livelli. Contro il Cagliari in Coppa Italia giocai 90 minuti, la domenica subito dopo accadde la stessa cosa e mi sentii benissimo. Mio padre ha la maglia del primo gol”.
“Totti? Con lui ho sempre parlato molto liberamente, per me lui è Francesco, non è una cosa che si può spiegare. Conoscere Totti è stato importantissimo per me, mi è stato sempre affianco e mi ha aiutato. Lui è una persona eccezionale e con un grande cuore. Credo che le promesse a cui lui si riferisse non siano fare 100 gol all’anno o vincere un milione di trofei, ma avere la responsabilità di meritarsi quello che si ha”.
“Numero 10? Non ho mai pensato di prenderla perché il 7 è il mio numero preferito. Quando ho visto che era libero non mi sembrava vero. Non avrebbe senso cambiare numero, alla fine conta ciò che fai in campo. Quando vedi la 10 pensi solo a Francesco, mi piace ed è giusto che sia così”.
“Totti e De Rossi sono due simboli di Roma e lo saranno per sempre. Ciò che mi piaceva tanto di Francesco è che quando si entrava in campo non si parlava, ma lui è come se potessi sentirlo. Tutti riconoscevano in lui questa leadership e questo mi piace tanto perché so che con il mio carattere posso aiutare un compagno in difficoltà, posso fargli sentire meno pressione. A me piace dare l’esempio e a volte le parole non bastano”.
“Ho un rapporto particolare con Zaniolo, per me è come un fratello minore. Mi dispiace che tante volte viene fatto passare per quello che non è. Zaniolo è un ragazzo speciale e un calciatore straordinario. So che giocatore è e quanto sia forte”.
“Finale Conference? Non l’ho mai rivista e non lo farò mai. Non c’è bisogno di vederla, basta che entro a Trigoria e c’è la coppa. Mi ricordo tutto. Che ne voglio vincere un’altra. Questo effetto qua”.
“Festa a Roma? Non so spiegartelo, è stata un’emozione talmente grande perché in questi anni sono state tante le cose difficili da gestire sia qui, sia personali. Io sono uno ambizioso, non vengo a Trigoria per allenarmi e poi vado a casa. Quando sto a casa penso sempre a migliorarmi e a cosa possa fare a Trigoria. Non dico che per me vincere questa coppa era una cosa dovuta, scontata, perché comunque abbiamo dovuto lottare e sudare tanto per conquistarla, però era il mio sogno. I sogni sono belli quando li realizzi”.
“Tante volte mi ha sorpreso, in realtà. Qui quando non si vince c’è un’aria di chi non ha vinto, chi non dà peso alla vittoria o alla sconfitta non può stare qui. Una volta, dopo una gara non vinta, entrò nello spogliatoio e disse di essere molto soddisfatto. Disse che, nonostante fossero passate settimane, sentiva che c’era un feeling importante e che ci saremmo tolti una soddisfazione a fine anno”.
“Tacco a Verona mio goal più bello? Sì, anche la punizione nel derby contro la Lazio. Il primo contro i biancocelesti è però quello a cui sono maggiormente affezionato. Era un brutto periodo, penso che fossimo in ritiro e quel gol ha cambiato tante cose”.