​🔥 Moncada: “Leao in Youth League era già di un altro pianeta, al Milan ha fatto un ulteriore step”

Geoffrey Moncada ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni di Milan TV soffermandosi su numerose tematiche a forti tinte rossonere. Queste – riprese da TMW – le sue dichiarazioni:

“Il livello del lavoro era molto diverso, qua c’è molta più pressione. C’è una tifoseria molto più importante. In Italia c’è passione, sempre. Tutti parlano di calcio. A Monaco nessuno parla di calcio. Parliamo di altre cose: di macchine, di ristoranti, non tanto di calcio. Ho visto subito che bisognava fare le cose per bene, che bisognava lavorare, trovare giocatori giusti e creare un processo di lavoro: a Monaco magari era molto più facile, qua era importante creare un processo. Le differenze erano queste”.

Ci racconti come siete strutturati ora a livello di scouting?
“Per la maggior parte sono qua in Italia. È importante avere anche qualche scout straniero, che ti lasciano sempre un altro tipo di visione. Non possiamo sempre andare dappertutto, non possiamo viaggiare ovunque perché non abbiamo sempre il tempo. Oggi il mio ruolo è di Direttore Tecnico. Oggi facciamo tanti meeting e abbiamo tutte le relazioni e i report su un database. Quando abbiamo fatto tutto il lavoro video, scouting live e data, che è importante anche, io parlo direttamente con gli staff e con mister Pioli per poter dire che ad esempio qua va questo terzino destro, o un sinistro, o un centrale interessante. Vedo cosa ne pensano così si crea subito un rapporto. Abbiamo fatto così nell’ultimo mercato in estate. Abbiamo lavorato su un profilo di giocatore fisicamente forte, veloce, potente. È il tipo di giocatori che vogliamo prendere. Dipende poi anche dal mercato, da come possiamo sviluppare la squadra, da che soluzioni ci sono, dal budget e da tante cose. L’importante però è lavorare con staff e mister, alla fine facciamo la stessa cosa e vogliamo avere la stessa squadra insieme”.

A livello di approccio, andando a trattare con un calciatore, cosa mettete sul tavolo per convincerli?
“Dovete sapere che c’è una concorrenza incredibile adesso di club tedeschi, inglesi, spagnoli, italiani anche. Siamo più o meno sugli stessi giocatori. Penso che, minimo, bisogna guardare quattro volte il giocatore dal vivo: due partite in casa e due in trasferta. Dobbiamo avere anche un materiale importante di dati, con infortuni, mentalità, la famiglia… Tutto il pacchetto completo. Quando abbiamo questo tipo di informazioni allora io vado a vedere la partita in live. Con loro posso parlare di formazioni e tattica, ma adesso i calciatori vogliono capire se vengono al Milan com’è questo mondo, città compresa. Penso che abbiamo un grande club, una bella città, un bel paese e posso vendere questo progetto al giocatore. Dire che qua a Milano non c’è solo il calcio, ci sono tante cose molto importanti. In questo momento sono contento perché il messaggio passa sempre e loro capiscono bene”.

Oltre l’aspetto tecnico che altro si guarda in un calciatore?
“L’importante è parlare di queste situazioni. I dati ti aiutano a trovare calciatori che non conosciamo. La cosa più importante è guardarli dal vivo, si vedono tante cose: la velocità, il cambio di ritmo, la forza del giocatore. Dobbiamo avere un bel profilo fisicamente. Deve correre tanto, deve essere molto solido. Poi c’è la mentalità e come mi parla. Se gli piace parlare di Milan o gli piace parlare di lui. Sono importanti queste cose, perché prendiamo un ragazzo che dopo va in uno spogliatoio di 25 giocatori. Noi dobbiamo creare una cultura tutti insieme. Io dico sempre al giocatore che il club è molto più importante di lui. La cosa importante è l’AC Milan, non lui. Si vede subito, se un giocatore mi dice che invece è lui la star allora no. Noi vogliamo creare un gruppo, una squadra, non una squadra di tanti profili diversi”.

Hai conosciuto Leao quando giocava ancora nelle giovanili dello Sporting Lisbona. Ci racconti come sei arrivato a conoscerlo?

“A quei tempi ero ancora scout al Monaco, e preparavo un piano sul Portogallo, a Lisbona. C’era la partita di campionato della Primavera dello Sporting. A quei tempi non c’erano video o dati su quei giocatori, dovevamo andare sul campo per vederli. E ho visto un ragazzo che ha giocato da numero 10. Alto, veloce, tecnicamente forte: era il famoso Rafa Leao. Ho visto subito un calciatore con del talento incredibile. E poi l’abbiamo seguito, tra nazionale e campionato. Ovviamente anche altri scout l’hanno visto. Però non ha fatto sempre bene. Era difficile da seguire bene. La cosa più importante per me per i giocatori alla fine dell’Academy è quando vanno a giocare in Youth League, per me è uno step fondamentale. Quando fanno bene in Youth League subito possiamo dire che faranno carriera, è molto facile. Rafa Leao ha fatto troppo bene in Youth League, era veramente su un altro pianeta. E tutto il mondo dello scouting l’ha visto e ha detto che sarebbe stato un calciatore forte. E adesso gioca bene, è cresciuto e sono contento perché è con noi a Milano e ha fatto un bello step”.

Che impatto hai avuto nel vedere Milanello?
“Vado agli allenamenti la mattina per parlare con il mister e lo staff, che penso sia la cosa più importante, per capire di cosa hanno bisogno. Per me è importante conoscere i giocatori che abbiamo preso in 2-3 anni, per parlare con loro, sapere come sono, della famiglia, della saluta, come stanno fisicamente e della partita. Vogliamo sempre capire dove possiamo fare meglio. Sono sempre aperto con loro, mi sento con loro anche se non posso fare di più, per capire cosa possiamo sviluppare a Milanello sulla tecnica, con lo staff e il mister. Noi abbiamo tempo solo per parlare tra di noi e capire le situazioni che possiamo sviluppare. Furlani mi aiuta tanto, mi lascia tanto spazio ed è molto aperto con i giocatori, vuole sapere le cose, gli piace capire se il giocatore sta bene a Milano e a Milanello, si sente bene fisicamente, per lui è importante e per noi. Penso che non possiamo essere tristi di essere qua, abbiamo una bella vita nel lavorare al Milan”.

Ci sono stati momenti belli e meno belli. Come si pone Moncada a livello di equilibrio?
“Una stagione è lunga, dobbiamo stare calmi e lavorare. Ci sono momenti difficili, abbiamo infortuni e problemi. Quando vinciamo dobbiamo avere il rispetto di tutti e continuare a lavorare. Per me è importante essere stabile e di fare la stagione fino alla fine, abbiamo tante partite”.

Qual è l’idea del futuro del Milan?
“Avere un gruppo di giocatori forti per lavorare su 3-4 anni. Abbiamo bisogno di un accademia che porta giocatori giovani italiani. Un progetto si fa su 3-4 anni. Se facciamo un bel gruppo di giocatori, in 2-3 anni possiamo vincere. Quest’anno abbiamo cambiato tanto, l’anno prossimo magari 2-3 giocatori ma ora abbiamo la base della squadra, vogliamo vincere subito ma ci serve un piano per fare le cose bene per avere un gruppo forte ogni anno”.

By Nicola Cosentino

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