Rasmus Hojlund, attaccante del Napoli, è a secco oramai da due mesi. Un tema approfondito da “La Gazzetta dello Sport”: “Cinquantaquattro giorni oggi (e saranno cinquantasei domenica sera all’Olimpico) senza mai riuscire a far riemergere il vero Hojlund, lucido e cinico, elegante e sgargiante, quattro reti per presentarsi nelle sue prime sei partite, un graffio immediatamente a Firenze, una serie di giocate da mille e una notte, e poi il buio.
Il lavoro nobilita l’uomo oppure lo sfianca e il tour de force a Hojlund è costato carissimo, l’ha fermato per tre partite (niente Psv, Torino e Inter), l’ha anestetizzato e forse ha inciso psicologicamente per un po’ e al resto deve aver pensato la scioccante sconfitta in Scozia, o magari no. Perché a Hojlund più che agli altri sta mancando De Bruyne, la capacità di verticalizzare a campo largo (come contro lo Sporting) del belga, quella fusione naturale tra due talenti a cui basta uno sguardo per suggerire il passaggio e un altro per trasformarlo in felicità.
Ma Hojlund, intanto, è diventato pure diverso, s’è trasformato, s’è calato negli schemi di Conte, li ha fatti suoi andando a replicare alcune movenze di Lukaku, per essere altruista e giocare per gli altri: la volée che ha mandato in porta Neres, nella sfida con l’Atalanta, rientra tra le priorità della manovra del Napoli di un anno fa, quando al centravanti veniva chiesto di diventare regista offensivo per trascinare fuori dalla linea dei difensori, spalancare le praterie e consentire agli esterni o ai centrocampisti di catapultarsi con libertà quasi assoluta nelle voragini che intanto si erano aperte. Cinquantasei giorni dopodomani, quasi due mesi, senza che Hojlund riesca a calarsi nella propria parte: quale occasione migliore per ribadire al Gasp, il primo maestro, che certe lezioni valgono e per sempre”.
