Josip Ilicic, indimenticato e indimenticabile ex dell’Atalanta, oggi calciatore del Koper (prima divisione slovena), ha rilasciato una lunga intervista a “La Gazzetta dello Sport”. Ecco alcuni estratti: “Come sono stati gli anni con la Fiorentina? Complessi. Mi dispiace dirlo, ma coi fiorentini ho chiuso. Mi hanno sempre criticato facendo leva su quanto fossi stato pagato, ma in quattro anni sono stato due volte il miglior marcatore e il miglior assistman. Ero scarso? Sul serio? Siamo arrivati quarti e non bastava. Abbiamo fatto una semifinale di Europa League… e non bastava. Anche lì resta il rimpianto di aver perso una finale di coppa. Detto questo, ho ancora casa a Firenze, città top. Ogni tanto la mia famiglia ci va.
Come arriva l’Atalanta? Avevo chiuso con la Sampdoria, ma il giorno prima delle visite mi telefonò Gasperini. ‘Vieni a giocare per me?’, chiese. ‘Mister, vado a Genova, non posso’. ‘Ti chiamerà Sartori, tranquillo’. Quando gli dissi quanto avrei guadagnato lui mi rispose ‘e quindi? Che problema c’è?’. Lì ho scoperto cosa significa fare un ritiro con Gasperini.
La preparazione di Gasperini? Tra un allenamento e l’altro non riesci a dormire: le gambe pulsano, sei stanco, ti viene da vomitare. Ma ti entra nella testa come nessuno. Se superi il test di ritiro, ovvero tre settimane da doppie sedute e corse nei boschi, allora capisci. Quante partite abbiamo ribaltato grazie a quella corsa? Noi duravamo 90’, gli altri al 60’ erano cotti. Ogni tanto con Gasp c’erano discussioni, ma quando uno si ama litiga.
Cos’è stata quell’Atalanta? Due anni fa ho incontrato Paratici a Londra. Mi disse che avevamo l’attacco da scudetto. Lì ho capito tutto. Io, il Papu, Muriel, Pasalic… avremmo potuto giocare a occhi chiusi e avremmo comunque fatto gol. Cos’abbiamo fatto noi non l’ha fatto nessuno. Eravamo forti, magici. Due gol ad Anfield, cinque al Milan, cinque al Parma. A quel gruppo è mancato un trofeo. Abbiamo disputato due finali di Coppa Italia, ma quella del 2019 è come se non l’avessi giocata. La mano di Bastos? Non ho mai visto Percassi così incazzato. Mai. Era rigore ed espulsione. Ho perso 4 finali, ma quella resta la peggiore.
La notte di Valencia? In molti mi dicono: ‘Ma se non fosse successo ciò che è successo, il covid, la depressione e tutto, dove saresti arrivato?’. Non lo so, ma saremmo arrivati in finale di Champions. Ero in uno stato di forma mai visto e non avevamo paura di nessuno. Viene il Real? Ok, ma dimostra che sei più bravo di noi. Questo era il nostro pensiero. E l’Atalanta, a Valencia, ha cambiato la storia del calcio. Siamo diventati un esempio. E nel frattempo il mondo iniziava a fermarsi, spegnendo la luce.
Se ho mai pensato di non farcela? Di cose private non parlo. Mi hanno offerto soldi per raccontare la mia storia, ma i dettagli li tengo per me. Come mai mi sono ammalato? Non sapevo se sarei tornato a giocare, e quando sei chiuso in casa allora inizi a pensare. Sono stato 42 giorni a Bergamo senza la mia famiglia. Ho sofferto. I soldi, i contratti, non mi importava più di nulla. Non stavo bene. E le voci su mia moglie mi addoloravano. Parlavano di un tradimento, niente di più falso. Ma si può pensare che io avrei trovato mia moglie con un altro? Ha ricevuto insulti incredibili.
Come mai misero in giro quella voce? Perché ero al top, e di me non si sapeva nulla. Qualcosa doveva uscire. Alla fine, sono tornato a casa. In Slovenia era come se il covid non ci fosse, mentre a Bergamo sfilavano le bare nei camion. Un’immagine tremenda. Io tra l’altro qualche anno prima avevo vissuto il dramma di Astori, con cui giocai anni alla Fiorentina. Mi ha segnato.
Gasperini raccontando il mio calvario si è commosso? Ti fa capire com’ero e come stavo. E chi eravamo noi due, insieme. Io non posso dimenticare ciò che ha fatto per me. Nel 2018 fui ricoverato in ospedale per un’infezione. Avevo paura di non svegliarmi. Lui dopo una settimana mi disse ‘Josip, alzati che dobbiamo giocare’. ‘Mister, non sto in piedi’. ‘Non mi interessa, stai in campo’. Lo fece anche a Valencia. Dopo il terzo gol chiesi il cambio, lui mi ignorò e segnai il quarto. Mi ha spinto oltre i limiti che pensavo di avere. Disse che nel 2020 avrei potuto giocarmela per il Pallone d’Oro? Cosa posso dire? Non parlo mai di me, però ero in gran forma. Non so se fossi da Real Madrid, ma nel 2010, a Palermo, misi piede in palestra per la prima volta. Magari se l’avessi fatto già a 17 anni…”.