La Gazzetta dello Sport, come di seguito riportato, ha elencato ben cinque motivi per i quali Paulo Fonseca, allenatore del Milan, può sorridere a seguito della netta vittoria contro il Venezia: “Non basterebbero dieci bacchette magiche agitate contemporaneamente per risolvere tutti i mali del Milan – anche col Venezia tanta, troppa fatica nella costruzione dal basso e in fase difensiva -, ma di certo partite come queste aiutano a imboccare la strada giusta. Un quattro a zero, per quanto non perfetto nella prestazione, permette di osservare le cose da un’angolazione in cui si è meno schiacciati dall’ansia. E, in circostanze simili, si può apprezzare non solo i miglioramenti collettivi, ma anche i contributi individuali. Magari di coloro che non sono sempre gli scontati “soliti noti”.
GABBIA — Se c’è qualcuno che si stupisce ancora di lui, è perché è molto distratto o ha la memoria corta. Matteo è ormai una garanzia, e non certo da quest’anno. Quando lo scorso gennaio è stato richiamato in fretta e furia dal Villarreal al capezzale della sconquassata difesa rossonera, si è subito distinto per efficacia e lucidità. Il semestre spagnolo gli è servito molto, il resto lo ha fatto il suo carattere: imperturbabilità anche quando il vento soffia forte. Nelle prime tre partite ha collezionato altrettante panchine senza mettere piede in campo. Col Venezia Fonseca lo ha buttato dentro, un po’ perché comunque si fida e un po’ perché il tecnico non può permettere di perdersi in termini motivazionali qualche giocatore per strada. Soprattutto al centro della difesa, dove la rosa è tutt’altro che abbondante. Matteo c’è rimasto male per il gol che alla fine è stato ufficialmente assegnato a Fofana, ma in termini generali è stata una serata molto produttiva: il messaggio recapitato all’allenatore è forte e chiaro.
PAVLOVIC — Ecco, per rimanere in tema, Strahinja è uno dei “problemi” di Gabbia. Nel senso che si è ambientato alla velocità della luce, e altrettanto velocemente ha capito cosa deve fare e cosa gli chiede l’allenatore. Poi ci ha messo il suo ego. Ibra l’ha ribattezzato l'”animale” e in effetti il serbo è piuttosto robusto nelle marcature. Ma il fisico non è tutto: sa scegliere bene i tempi di uscita e, come si è visto in particolare a Parma, non disdegna di accompagnare l’azione in fase di possesso e cercare il passaggio filtrante. Certo, la fase offensiva del Venezia è stata quasi impercettibile, ma le sue zone non le ha comunque valicate nessuno. Pavlovic si è preso il Milan in tempo zero.
LOFTUS — Con Ruben il discorso è teoricamente semplice: occorre piazzarlo nella posizione migliore a seconda delle partite. E in questo, è chiaro, è l’allenatore che deve vederci lungo. Di base l’inglese è la classica mezzala da doppia fase, ma nel 4-2-3-1 di Fonseca (così come succedeva con Pioli) viene alternato tra mediana e trequarti. Anche all’interno della stessa partita. Se il Venezia ha sbattuto spesso contro il Diavolo nei tentativi di alzare un po’ il baricentro è soprattutto grazie a lui, che ha eretto un muro solido davanti alla difesa. La prestazione sostanziosa di ieri, con Liverpool e Inter alle porte, fa ben sperare.
PULISIC — L’ultimo a tornare dalle nazionali – come quasi sempre gli accade considerato il fuso orario imposto dalla sua nazionalità -, il primo su cui Fonseca non ha avuto dubbi nel disegnare l’undici titolare da opporre al Venezia. Christian resta uno dei pochi imprescindibili, perché anche quando non è in giornata eccelsa ha qualità idonea a trovare la giocata decisiva. A inizio stagione è stato collocato al centro della trequarti, dove peraltro in carriera aveva già abitato, ma l’habitat migliore per lui è quello in fascia, dove ha più spazio per puntare e saltare l’uomo. Christian tra l’altro in rossonero ha ripreso il vizio migliore per un attaccante, che è quello di segnare. Un giocatore essenziale sia con la palla in movimento, sia sulle palle inattive, come dimostrano l’angolo per la deviazione vincente di Fofana e il rigore”.
ABRAHAM — È iniziato il lungo e avvincente percorso per tornare il Tammy di una volta. Quello prima del lungo stop. L’avventura rossonera è cominciata con prospettive decisamente buone. L’inglese si è calato subito nella parte con entusiasmo e non storce il naso pur sapendo di essere a tutti gli effetti il vice di Morata. Un discorso relativo, con tutte le partite che ci sono da affrontare. Di lui Fonseca e i tifosi hanno apprezzato la disponibilità al sacrificio e all’assistenza ai compagni. Resta un centravanti, quindi base un giocatore che cerca la porta, ma dietro c’è tutto un repertorio di sponde e filosofia di squadra. Il bottino personale induce all’ottimismo: un gol e un assist nelle due partite in cui è sceso in campo.