🧤 Martinez: “Guardiola voleva schierare Neuer a centrocampo. Genoa? Abbiamo potenziale”

Josep Martinez, portiere del Genoa, ha parlato a Il Secolo XIX. Di seguito la sua lunga intervista.

“Quando ho il pallone tra i piedi allo stadio sento il brusio dei tifosi ma riesco a isolarmi, a ragionare con la mia testa. Ormai il portiere è come un centrocampista: deve vedere il gioco e fare il passaggio giusto per dare il via all’azione».

Nel docu-film su Netflix dedicato a René Higuita il portiere colombiano è indicato come il pioniere dei portieri che giocano il pallone con i piedi e non pensano più solo a parare.

«L’ho visto, è sicuramente vero. Però credo che fondamentale per la nuova generazione di portieri sia stato Neuer. A me piacevano Canizares e Casillas ma non è che fossero molto forti con i piedi… Di Neuer ricordo che Guardiola disse di volerlo provare a centrocampo ma che non poteva perché il suo presidente glielo impediva: sarebbe stato troppo umiliante per gli avversari».

Perché è così importante avere un portiere che sa usare i piedi e non solo le mani?

«Il primo passaggio conta molto, è importante saper giocare corto oppure lanciare lungo. Quando ero ragazzino trovai un tecnico che mi iniziò ad allenare anche fuori dai pali della porta. Quando poi sono andato al Barcellona ho fatto tantissimi allenamenti per migliorare la tecnica e il lancio. Quando mi feci male alla gamba destra iniziai a calciare solo con il sinistro, il mio piede debole, e adesso quasi faccio meglio con il sinistro piuttosto che con il destro».

Perché è diventato portiere? Di solito da ragazzini in porta ci vanno solo quelli che con i piedi sono un po’ scarsi…

«Ho sempre fatto il portiere, fin da quando avevo cinque anni. Ho sempre giocato in porta, mio papà ha fatto il portiere anche se solo a livello amatoriale. Non l’ho mai visto giocare ma mi ricordo che da bambino mi allenava. Poi dalla squadra della mia città, l’Alzira, ho avuto la chance di andare al Barcellona. La Masia è la miglior scuola di settore giovanile della Spagna, una delle migliori al mondo».

Si dice che per fare il portiere bisogna essere un po’ matti…

«Sì, lo penso anche io. Almeno, io un po’ lo sono. Ma da ragazzino lo ero ancora di più, adesso sento di più la responsabilità. Quando sei in porta sei un po’ solo ma a me piace esserlo. Anche se al Ferraris è difficile sentirsi soli».

Si aspettava così tanto entusiasmo?

«Sì, anche se non così tanto… Per noi i tifosi sono fondamentali, lo saranno ancora di più nei momenti difficili. Sappiamo che arriveranno ma sappiamo anche che li avremo sempre al nostro fianco. Quando sono in porta ho i tifosi a pochi metri, li sento, sento ogni commento, ogni incitamento. Ma riesco a isolarmi, è fondamentale per poter rendere al massimo».

Perché ha scelto il Genoa?

«Venivo da due anni quasi senza giocare, il Lipsia è un grande club ma per un giovane è fondamentale giocare. Qui potevo avere questa chance e così è stato. Ma nulla è stato scontato. Per un calciatore sono più i momenti difficili di quelli in cui tutto fila liscio. Ma serve grande forza mentale. E io penso di averla avuta».

Quale è stato il momento decisivo?

«La trasferta di Bari. Avevo perso il posto dopo un infortunio e mister Gilardino, appena arrivato, mi aveva detto che avrei avuto la mia opportunità ma che per il momento sarebbe andato avanti con Semper. Intendiamoci, Adri è un grande portiere. Io però volevo giocare. E mi ritrovai in campo a Bari: lui con l’influenza e quindi a casa, io stavo bene ma al risveglio ero a pezzi. Durante il giorno quasi dormivo, in campo la febbre salì a 39. Tremavo, non mi sono mai sentito così male. Guardavo il cronometro e speravo che il tempo passasse veloce. All’ultimo minuto mi ritrovai tra le mani quel colpo di testa di Salcedo, una parata decisiva in una gara decisiva. Al fischio finale iniziò la festa ma io volevo solo andare a mettermi a letto. Di quella serata ho ricordi un po’ confusi».

Valencia, Barcellona, Las Palmas, ora Genova. Solo a Lipsia non c’era il mare…

«Per me è fondamentale, quando sarò vecchio andrò a vivere in una casa sulla spiaggia. Come queste che vedo qui a Boccadasse. In Italia ho trovato lo stesso modo di vivere degli spagnoli, la gente è calorosa, sento affetto nei miei confronti. In Germania è un po’ diverso…».

In questi giorni è tempo di mareggiate…

«Quando mi metto in viaggio verso Pegli guardo il mare in corso Italia, vedo delle onde belle alte. E mi viene voglia di prendere la tavola da surf… Quando ero ragazzino stavo ore e ora in acqua, adesso ci vado molto meno. Cavalcare le onde dà una sensazione fortissima, senti la forza della natura».

Il Genoa sta cavalcando l’onda giusta?

«Sì, è una bella onda. La squadra ha un gran bel potenziale. Avete visto che nessun avversario, Fiorentina a parte, ci ha mai messo sotto? Vogliamo restare in Serie A, sappiamo di essere forti e dobbiamo continuare a dimostrarlo anche sul campo».

Qual è il portiere che più l’ha impressionata?

«Maignan».

E Giroud versione numero uno?

«Ha avuto coraggio ma non ha lo stile del portiere. Certo in quell’uscita su Puscas di coraggio ne ha avuto tanto. D’altronde gli attaccanti sono i più simili a noi portieri: sono abituati a mettere testa, piedi, fisico per cercare di colpire il pallone e fare gol».

Ora che gioca in Serie A riuscirà a tornare in nazionale?

«So che mi seguono, il ct è quello che mi ha fatto esordire nell’Under 21 e mi conosce bene. Però la Spagna ha tanti portieri, non sarà facile. Ma è un mio obiettivo, non mollerò facilmente».

Se non avesse fatto il portiere, quale lavoro avrebbe scelto?

«Non lo so, non mi sono mai posto il problema. Volevo essere portiere, ci sono riuscito. Quando avevo 17 anni è arrivata la chiamata del Barcellona, cercavano un portiere della mia età e allora lì tutto è cambiato: sono andato via di casa per inseguire il mio sogno»

By Alessio D'Errico

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