Mi chiamo Cristiano Ronaldo, ho bisogno di parlarvi di me

Possiamo vendere il nostro tempo, ma non possiamo ricomprarlo“. Fernando Pessoa ha scritto, detto e pensato tante cose nel corso della sua esistenza che il poeta messicano Octavio Paz, Premio Nobel per la letteratura nel 1990, commentò così: “Niente nella sua vita è sorprendente, nulla, eccetto i suoi poemi“. Poco si sa dell’uomo, tanto si è ricevuto dalla sua opera, caratterizzata da un irraggiungibile utilizzo dell’eteronimia (la tecnica che porta alla creazione di opere con autori fittizi e personalità autonome). Le opinioni di Pessoa, dunque, sono state perennemente ricercate in ciò che ha scritto e, di conseguenza, in ciò che la sua produzione artistica ha trasmesso. Della persona (che in portoghese viene tradotto proprio con “Pessoa”, stuzzicante gioco di parole) si sa poco; dell’autore si sa tanto. Questo tratto lo congiunge con un altro voluminoso lusitano, Cristiano Ronaldo dos Santos Aveiro.

Cosa sta succedendo tra Cristiano Ronaldo e Manchester United

Su questo passaggio possiamo e dobbiamo essere rapidi, perché i fatti riguardanti una delle personalità più influenti al mondo girano alla velocità di propagazione della luce. Un’estate agitata, tumultuosa, caratterizzata dai desideri fuggiaschi del calciatore, un anno dopo il suggestivo ritorno. L’Europa League inadatta alle ambizioni di chi ha settato in avanti i record della sorella maggiore Champions, una compagine soggetta a un’agitazione pluriennale poco adatta per dominare la scena, un allenatore membro di quella nuova cerchia di professionisti delle idee, intenzionati a migliorare i calciatori con il gioco, che Cristiano ha sempre assorbito con fatica e scetticismo, temendo una sorta di carcerazione del suo talento.

La bomba deflagrata pochi giorni fa nel corso di Man Utd-Tottenham ha aggiunto un capitolo alle vicissitudini cominciate nel precampionato, contro il Rayo Vallecano, quando Cristiano (non fu l’unico) aveva lasciato il campo all’intervallo dopo essere stato sostituito. Questa volta ten Hag ha deciso di non soprassedere, relegando fuori rosa il fenomenale attaccante – ma non chiudendogli le porte per il prossimo futuro – e sputando il veleno a quanto pare incanalato mesi fa: “Anche la prima volta nell’amichevole contro il Rayo Vallecano non è stato accettabile, ma non era stato l’unico a farlo. La seconda volta avrà delle conseguenze“.

Cristiano, le cose stanno andando diversamente

Qual è la causa, o le cause, del malessere di Cristiano? Cosa non sta rispettando le previsioni edificate dal diretto interessato? Forse una delle possibili risposte è stata appena data. La carriera di Cris è stata perennemente costellata di successi, nati come obiettivi e raggiunti alla sua maniera: incidendo. Il classe ’85 fino a poche settimane fa non conosceva alternativa alla certificazione dei risultati, tanto individuali quanto collettivi. Pur nelle annate all’apparenza più complicate, il nativo di Funchal sapeva di avere qualcosa cui aggrapparsi. Il suo attivismo imprenditoriale pare averne amplificato questo lato durante l’inesorabile scorrere del tempo: imitando un buon dirigente d’azienda, si ha l’impressione che Cristiano abbia passato tante estati a programmare i traguardi da raggiungere nel corso dei mesi, per poi riuscirci puntualmente. In un settore che concretizza l’industria peggio gestita dell’economia mondiale, come confermato da un ex allenatore proprio di Ronaldo, ovvero Maurizio Sarri, ecco un altro elogio tanto caro al cinque volte Pallone d’Oro.

Poco più di tre anni fa, in una stupenda – per quanto probabilmente costruita – sceneggiatura in quel di Monaco con Lionel Messi come co-protagonista, più da Federer/Nadal che da Pulga/CR7, quest’ultimo dichiarò: “Voglio esserci l’anno prossimo, così come tra due e tre anni. Le persone alle quali non piaccio mi vedranno ancora qui“. Erano i sorteggi per la fase a gironi della Champions League, ma il riferimento del calciatore era più che presumibilmente riferito alla fervente volontà di aggiungere tappe al proprio percorso, costruito e proseguito per essere terminato da numero uno (e non da numero sette).

Cristiano, dunque, prevede, immagina, costruisce e ha costruito scientificamente la propria carriera. Animato dall’intenzione di dimostrare, palesare, confermare, pretende che i traguardi parlino per lui. Riconosciuta belva da competizione, contenitore di un ego che ha sempre puntato a ergerlo come esempio umano attraverso il calcio. Eccezion fatta per gli elogi alla sua isola, Madeira (ma spesso per fini commerciali) e poche altre uscite (una, significativa, del 2016, registrato per Salve the Children a favore dei bambini in Siria), di lui si sa poco, anzi pochissimo (collegamento frose imaginifico con Pessoa).

Sembra strano esporsi così, soprattutto per chi è stato definito capace di aver cambiato il mondo. Eppure sulla persona non sono emerse considerazioni profonde. La mente di Cristiano è stata chiacchierata per vent’anni, ma costantemente ed esclusivamente per elogiarne l’attitudine. I pensieri azionati al di fuori del calcio sono stati sempre, gelosamente, custoditi dal proprietario, che non ha deciso di esporre altri lati di sé, temendone la spettacolarizzazione: “Non sono mai andato con i miei figli al parco nel recente passato. Se decidessi di andare sarei preso d’assalto, i miei bambini diventerebbero nervosi, così come me e la mia compagna. Devo mantenere una certa postura, perché nei luoghi pubblici mi fotografano anche se metto un dito nel naso. Sono circostanze in cui non puoi essere te stesso“.

Una delle persone più conosciute al mondo, a quanto pare, non può essere se stessa. Ciò genera una situazione sociologicamente impressionante, tanto aggrovigliata, quanto profonda, che probabilmente sta piegando anche il protagonista di questa storia.

Ronaldo, in questo momento, vorrebbe parlare, spiegare, raccontare le proprie ragioni e chiedere supporto. In una più diretta locuzione: il monumento chiede di mostrarsi terreno. Roccioso ma, a quanto pare, permeato da un liquido che ne sta ammorbidendo le fondamenta. In questa colluttazione subentra il suo viaggio, che la sensibilità – in qualsiasi declinazione – non l’ha accolta sul prolungato red carpet, per quanto sia emersa a più riprese nelle insenature create dallo stesso Cristiano sotto-stimolazione di determinati temi, uno su tutti la famiglia.

Basandosi esclusivamente sull’apparenza restituita da questo muro innalzato, che ha oscurato quanto non è dato sapere, a differenza del già menzionato Messi, notoriamente schivo, Cristiano ha accettato di buon grado l’indotto. Forse l’ha addirittura cercato, ammaliato dalle sirene sparse su più punti, convinto di poter surfare sulla cresta dell’onda con i suoi modi e i suoi tempi, amato dalla gente e orientato dai successi. Ora che le cose sembrano essere cambiate, il crollo dei riferimenti ne ha disastrato la scientifica quiete di questa persona.

Cristiano non smetterà

C’è chi sta auspicando ciò, per le più disparate ragioni, ma Cristiano non si fermerà qui e così. La sua storia e il suo carattere non restituiscono minimanente l’opinione che quest’eventualità possa concretizzarsi. Sarebbe più coerente, e in linea con tutto ciò che questo percorso ha racccontato, immaginare un addio come già fatto in passato, ad esempio a seguito della quarta Champions League vinta con il Real Madrid. Improvviso, imprevedibile, quasi inopportuno, capace di lasciare l’acre sensazione di incompiutezza, perché ostacolo definitivo a possibilità ancora realizzabili. Forse snob, addirittura presuntuoso ed eccentrico, ma deciso da lui, solo da lui.

Questa forma di fisiologico decadimento non convince Cristiano, che ritiene di avere ancora qualcosa da dare. Soprattutto, non negozia la possibilità di poter vivere nell’ombra che il nuovo corso del Manchester United gli ha consegnato. Un ribaltamento storico che la fuga in campionati di seconda fascia, economicamente fruttuosi ma agonisticamente vacui, non farebbe altro che evidenziare, diluendo nell’inconsistenza gli aggiornamenti riguardanti Rocket Ronaldo (uno dei tanti soprannomi affibbiatigli in carriera).

Cosa sarà, banale conclusione nell’intricato tema trattato, di questa storia? Cosa farà il Numero Sette? Accettare la realtà che gli si sta formando attorno oppure trovare il modo di uscire dalle sabbie mobili? È presumibilmente questa la volontà di Cristiano, che Fëdor Dostoevskij ci aiuterà a spiegare con un altro riferimento letterario, direttamente dal suo fondamentale “Il Giocatore” (un titolo calzante, seppur applicato in un settore diverso): “Basta soltanto aver del carattere, non fosse che una volta, e in un’ora posso mutare tutto un destino“. Seguiranno aggiornamenti.

By Redazione PianetaChampions

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