Juventus, ecco perché sarebbe importante il ritorno di Morata

MORATA RITORNO JUVENTUS – Sono ore caldissime per il futuro di Alvaro Morata. Dopo il prestito biennale, che ha sancito la seconda parentesi del centravanti iberico all’ombra della Mole, la Juventus non ha provveduto al riscatto del calciatore, il quale ha quindi fatto rientro alla casa madre Atletico Madrid. I bianconeri, tuttavia, vorrebbero riportare a Torino il classe 92′, con l’intento di abbassare l’importante richiesta dei Colchoneros (25/30 milioni) e cercando di sfruttare il fatto che la società madrilena abbia urgente bisogno di liquidità e, inoltre, che il calciatore non rientri più nei piani del Cholo, Diego Pablo Simeone. Ma quali benefici garantirebbe il ritorno del centravanti scuola Real Madrid per la Vecchia Signora?

La conoscenza del ruolo, di Vlahovic e delle richieste di Allegri

L’ultima – almeno fin qui – stagione in bianconero di Alvaro Morata può essere frammentata in due differenti fasi: il pre, e il post Vlahovic. Nonostante sul piano realizzativo il serbo non sia riuscito a ripetere i numeri spaziali di Firenze, infatti, l’approdo di DV7 ha comunque in parte trasformato la compagine piemontese. Uno dei primi – se non il primo – a beneficiarne pare essere stato proprio Alvaro, dirottato sulla zona sinistra dell’attacco bianconero e non più costretto, quindi, ad agire da principale riferimento offensivo, spalle alla porta avversaria, per i compagni. Lavoro – questo – sempre ricoperto con grande professionalità e abnegazione da parte dello spagnolo ma che, oggettivamente, non solo non rappresenta il suo maggior pregio (per usare un eufemismo), ma che gli ha contestualmente impedito, proprio fino a Gennaio, di poter sfruttare quelle che sono le sue maggiori peculiarità: attacco frontale alla porta, accelerazione palla al piede, maggiore libertà di movimento sul fronte offensivo e abilità nel creare situazioni offensive pericolose nell’uno contro uno.

Il suo ritorno alla corte di Max Allegri, orientato ad adottare un 4-3-3 per sfruttare al meglio le qualità in fase di finalizzazione dello stesso Vlahovic, rappresenterebbe una garanzia in termini tecnici, di conoscenza dei compagni e delle richieste del trainer livornese.

L’innata propensione al sacrificio

“Non ho intenzione di fare paragoni, ma a livello difensivo, il contributo di Álvaro è migliore di qualsiasi altro attaccante in tutta Europa. Ha capacità fisiche di altissimo livello. Vogliamo che chi gioca sappia di dover fare sia la fase offensiva che quella difensiva”.

Con queste parole Luis Enrique, CT della Nazionale Spagnola, elogiava Alvaro Morata in una conferenza stampa di circa un mese fa. Una qualità che l’ex numero 9 della Juventus ha sempre messo a disposizione del gruppo, facendosi particolarmente apprezzare dai propri sostenitori per l’importantissimo apporto che lo stesso ha garantito per la squadra in fase di non possesso. Un calciatore oramai nel pieno della maturità che – seppur non abbia spesso rispettato le attese riposte nei suoi confronti in termini di goal agli albori della sua carriera – ha sempre messo davanti il noi, piuttosto che l’io. Elementi del genere rappresentano le fondamenta sulle quali, poi, costruire l’intera struttura tecnico-tattica.

L’attaccamento al club, alla città e ai tifosi

La naturale conseguenza di quanto poc’anzi descritto. Morata si ritiene oramai a tutti gli effetti uno juventino e ha dimostrato con le parole, ma anche con i fatti, il suo profondo attaccamento a quei colori bianconeri che tanto gli hanno dato in termini professionali e sportivi, e alla città, che gli ha consentito di incontrare la sua Alice e dove i suoi figli sono praticamente, chi nati, chi cresciuti. Un legame indissolubile manifestato sia nel messaggio social di addio che il calciatore ha dedicato al club appena qualche giorno fa, ma rimarcato anche a margine della finale di Champions League vinta per 4-1 a Cardiff con il Real Madrid, proprio contro la sua Juventus, alla quale dedicò delle bellissime parole, mescolate alla gioia per la vittoria della competizione più prestigiosa a livello continentale.

 

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Uno juventino vero che, nell’anno zero per la Vecchia Signora dopo gli addii di Chiellini e Dybala, rappresenterebbe uno dei pochissimi pilastri (seppur “solo” per due anni) dello squadrone che ha dominato nel decennio dei nove scudetti, assieme a Cuadrado e Bonucci, e uno tra i maggiori indiziati a trasmettere il DNA vincente del club ai giovani e ai volti nuovi che la società degli Agnelli si appresta ad accogliere.

Un anello di congiunzione tra ciò che la Juventus ci ha abituato a essere, e ciò che la stessa intende – tra mille nomi, dubbi e difficoltà – tornare a essere dopo un biennio avarissimo di soddisfazioni.

By Nicola Cosentino

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