Vanoli, tecnico del Torino, ha parlato in vista dell’Inter. Ecco le sue parole, riportate da TMW:
“Un allenatore non è mai soddisfatto, si cerca sempre la perfezione. Poi bisogna analizzare le cose…Questa squadra deve crescere in mentalità, cercare di fare uno step per capire attraverso cosa arrivano le vittorie. E poi non bisogna abbattersi se qualcosa non va bene. Siamo fragili da questo punto di vista, io ci sto lavorando. Ho sempre detto che acquisire una mentalità è un percorso molto lungo, questi ragazzi hanno dimostrato che hanno voglia di fare cose importanti e lo hanno fatto con grandi prestazioni. Abbiamo riguardato la gara con la Lazio, tutti eravamo convinti di aver fatto meglio nella ripresa ma non era il mio calcio. Nel primo tempo eravamo lenti, ma siamo stati squadra e se non facciamo quell’errore…Nella ripresa mi è piaciuto chi è subentrato, c’era voglia di reagire, ma quel calcio non era la mia idea. A me è piaciuto il primo tempo, anche se serve più determinazione e più personalità a provare le giocate. A questa squadra piace avere tanto la palla tra i piedi, a volte servirebbe più profondità…E’ bello crescere insieme alla squadra. I voti, però, si danno a fine campionato”
Perché non era la sua squadra nel secondo tempo?
“Era troppo lunga…Abbiamo cambiato ritmo, ma quando abbiamo creato il 2-1 dovevamo rimanere in partita e ritrovare l’equilibrio per poterla pareggiare. Dovevamo essere più equilibrati, poi hanno fatto il 3-1 e non c’era più tempo. Ma sui piazzati potevamo fare il 2-2…A volte le domeniche sono diverse, io dico che bisogna essere lucidi per stare sempre in partita. Tutto questo, però, fa parte di una strada”
Pensa che questa squadra non abbia abbastanza giocatori trascinanti?
“Quando non hai personalità, nel calcio è l’organizzazione che ti dà personalità. Siamo una squadra che con il collettivo deve raggiungere obiettivi, i singoli che fanno le differenze li hanno le grandi squadre. La personalità si trova attraverso il gioco, è ciò che dobbiamo fare. La mentalità, invece, è quella di andare a cercare oltre qualcosa, di crederci e di avere coraggio. A volte con le grandi squadre sei libero, è ciò che devo fare venire io a questa squadra. Poi capita che torni l’ombra di tre anni di lavoro, ci sta perché non hai cambiato tutti i giocatori: lo vedo anche durante gli allenamenti, è umano e so che bisogna fare questo passaggio. E’ come quando stai insieme a una ragazza per tre anni, poi è difficile dimenticarla…”