Di Maria al momento è un flop, ma non può essere (solo) colpa sua

DI MARIA JUVENTUS – Giunto a Torino questa estate al termine di una mini-telenovela di mercato molto chiacchierata, Angel Di Maria, l’uomo chiamato a trascinare la Juventus e far fare alla stessa il tanto atteso salto di qualità, non ha finora rispettato le attese. Anzi: se prima di Monza il balbettante avvio di stagione del Fideo non poteva di certo essere imputato totalmente allo stesso, con la sciocchezza contro i brianzoli possiamo definire i primi mesi dell’ex PSG in bianconero un vero e proprio flop. Le colpe, però, non sono di certo tutte sue, anzi. Riavvolgiamo il nastro.

Di Maria alla Juventus al momento è un flop: i motivi

Eppure, l’esordio in maglia bianconera di Di Maria era stato (quasi) da incorniciare: 3-0 al Sassuolo, goal e assist dell’argentino che, intorno alla metà della ripresa, sarà però costretto ad abbandonare il campo per un infortunio all’adduttore. L’inizio della fine, nonostante la più che convincente prova individuale e collettiva (l’unica, probabilmente, in questo nefasto avvio di campionato). Dopo la serata contro gli emiliani, Angel ha saltato i match contro Sampdoria e Roma per poi subentrare (male) contro lo Spezia nella ripresa e disputare una pessima prima frazione a Firenze, gara nella quale fu sostituito da Allegri a inizio secondo tempo per una ricaduta al suddetto infortunio. Acciacco, che lo costrinse a saltare il ritorno nella sua Parigi e la Salernitana. Rientrerà solamente nella ripresa del match col Benfica, non riuscendo a entrare nel vivo della partita nonostante due folate di estrema qualità in grado di mettere in porta De Sciglio e Bremer, ma comunque troppo poco per cambiare le sorti di una serata horror per i suoi. Poi, come noto, la sciocchezza di Monza.

Da questa breve sintesi delle prime settimane torinesi del Fideo, non si può non considerare i suddetti rallentamenti dal punto di vista fisico che il calciatore accusa con sfortunata regolarità e che gli hanno impedito di poter dare, ed essere, al 100% in questo primo scorcio di stagione. A questo, aggiungiamo il momento tragico della Juventus e, in particolare, il non gioco regolarmente messo in scena dalla Vecchia Signora. Da un lato, questo porta un calciatore con doti tecniche eccelse (che per stessa ammissione di Allegri dovrebbe agire quanto più vicino alla porta per poter incidere) a dover giocare all’altezza della metà campo per difendere e poi ripartire: la difesa e il contropiede non sono mai state le qualità principali dell’argentino e, a 34 anni, ritrovarsi in un contesto del genere non può di certo aiutarlo ad esprimere le proprie peculiarità e a metterle al servizio della squadra.

Se la lettura dal punto di vista tecnico-tattico appare quasi banale, ciò non può che riflettersi però anche sotto il profilo umano ed emozionale del ragazzo. Non riuscire a incidere e vedersi palleggiare e dominare ogni domenica da qualsiasi avversario non è di certo una fattispecie alla quale il classe 88′ rosarino era mai stato abituato. La reazione su Izzo, per quanto sciagurata e ingiustificabile, non è altro che lo specchio della frustrazione vissuta dal 22 bianconero e, più in generale, dall’intera squadra. Di Maria, da buon sudamericano, è poi un profilo (seppur con modi e forme diverse rispetto ad altri connazionali) decisamente sanguigno: a testimoniarlo, i dieci rossi in carriera e il sempre tangibile e passionale coinvolgimento nella gara. L’ultima espulsione (che non fu 5 anni fa in Francia come molti dicono, ma in ogni caso conterebbe poco la competizione di riferimento nel discorso in atto), risale alla semifinale di ritorno giocata – e persa – dal PSG sul campo del Manchester City: un fallo di reazione imperdonabile su Fernandinho, frutto del risultato sfavorevole e di una qualificazione già ampiamente compromessa per i transalpini. A testimonianza di come non sia di certo nuovo a certi atteggiamenti che, purtroppo, possono capitare a tutti in momenti di sconforto agonistico o di andamento di una gara non preventivato.

Un ulteriore sintomo della sua insofferenza, inoltre, fu il famoso siparietto con Milik al termine della gara contro il Benfica, in cui lo stesso Di Maria chiedeva evidentemente perplesso al polacco perché Allegri avesse sostituito l’ex Napoli – tra i migliori in campo – con una gara ancora da riacciuffare in ogni modo.

La sensazione è che Di Maria senta addosso la responsabilità di dover risolvere tutto da solo dall’alto del suo status e curriculum. Ciò, però, ha finora portato a giocate spesso forzate e che hanno finito per esaurirsi in maniera goffa e poco utile al collettivo, a parte qualche genialata sporadica frutto esclusivamente della sua immensa classe individuale. Un corpo estraneo rispetto agli altri dieci in maglia bianconera, mai in grado di dialogare tra loro e aggrappati un po’ alle giocate del singolo, un po’ al caso e agli episodi.

Impossibile pensare che anche un campione del calibro di Angel possa colmare da solo le enormi lacune che la Juventus sta, oramai da anni, manifestando. Chiaro che da uno come lui ci si debba aspettare di più, ma pensare che da solo possa creare le condizioni per la svolta della squadra, e non il contrario, sarebbe pura utopia.

By Nicola Cosentino

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