Eusebio Di Francesco, ex allenatore di Sassuolo, Roma, Hellas Verona e Cagliari, ha rilasciato un’intervista sulle colonne di AS soffermandosi su diverse tematiche relative alla propria carriera, e non solo. Queste – riportate da TMW – le dichiarazioni del trainer abruzzese:
“Studio il calcio e le lingue, ogni tanto faccio visita a un centro sportivo. L’ultimo è stato quello del Napoli, ho analizzato il lavoro di Spalletti per due giorni. Non mi aspettavo che dominassero così il campionato, sono stati perfetti sul mercato”.
Ancelotti ancora al top: “È un highlander, lavora con perseveranza, tranquillità, sicurezza. Il suo miglior pregio, al di là della conoscenza calcistica, è che non lo vedi mai arrabbiato, trasmette consapevolezza della sua forza alla squadra. E nel Real fa la differenza”.
Due anni senza panchina: “L’esperienza mi ha fatto crescere. Negli ultimi tre anni ho allenato per 30 partite totali: ci vuole più tempo, ma ci sono stati anche errori da parte mia e ho imparato”.
Tutto è partito da Sassuolo: “Per me è un ricordo indelebile. Abbiamo costruito qualcosa da zero, siamo cresciuti insieme, dalle strutture al campo, arrivando in Europa League. Questa società è un modello: se dovessi scegliere una squadra a cui prestare un giocatore per maturare, penserei subito al Sassuolo. Inoltre, da anni scelgono allenatori con un’idea di calcio offensivo, seguendo la linea che abbiamo tracciato insieme”.
Il pupillo Berardi: “Aveva l’opportunità di venire con me alla Roma, ma l’ha rifiutata perché non si sentiva la prima scelta del club. Questo mostra il suo carattere. È un calciatore che vuole sempre il pallone e se fossi un suo compagno di squadra, nel dubbio, glielo darei sempre. Ha segnato più di 100 gol in Serie A, e lo ha fatto da esterno”.
L’esperienza alla Roma: “L’impatto non è stato facile, ma sul campo abbiamo ottenuto rapidamente buone risposte. Siamo arrivati terzi in Serie A e in Champions League, beh, se lo ricordano tutti. Mi rimproverano ancora quella mezz’ora in semifinale con il Liverpool, ma quella squadra, quando voleva, sapeva essere devastante. Certo, con il VAR avremmo avuto qualche possibilità. Al ritorno abbiamo sfiorato un’altra rimonta…”.
Il derby di Roma: “È qualcosa di unico, bisogna viverlo per capirlo. Sono stato fortunato a vincerne uno e la sconfitta nell’ultimo, insieme all’eliminazione con il Porto, ha portato al mio esonero. È stato un momento difficile: ho litigato con qualche giocatore, non dico con chi, in maniera dura. Moralmente non mi ha aiutato, non mi piaceva quello che stava succedendo”.
Il rapporto con De Rossi: “Gli avevo detto già quando giocava che mi sarebbe piaciuto averlo come secondo. Ha avuto una prima esperienza alla SPAL che non è finita bene, ma lo aiuterà molto a crescere. Ha tutto per essere un grande allenatore ad altissimi livelli”.
La storica rimonta col Barcellona: “Sentivo che era possibile perché, nonostante il 4-1 dell’andata, avevamo giocato una grande partita. Ho scelto di giocare una partita molto aggressiva, togliendo ampiezza al gioco del Barça. Adesso sembra facile dirlo, ma tutti credevano nella rimonta, si può chiedere… Ricordo che al 3-0 di Manolas tutti festeggiavano ma io davo istruzioni. Florenzi mi ha guardato e mi ha detto ‘Mister, non ci credo’, così ho cercato di mantenere alta la tensione. Gli unici tiri in porta che abbiamo ricevuto sono stati negli ultimi quattro minuti. È stata un’impresa, ma, tra una risata e l’altra, dico sempre che da allora è arrivata la sfortuna, vedendo quello che è successo dopo (ride, n.d.r.)”.
L’esordio di Zaniolo col Real Madrid: “Ho visto la squadra un po’ meno motivata e questo ragazzo che migliorava in ogni allenamento. Una volta l’ho rimproverato davanti a tutti e lui ha reagito con una determinazione impressionante. Ho scelto di dargli un premio e dimostrargli la mia fiducia, sentivo che poteva diventare un giocatore importante e l’ho fatto esordire nella partita più difficile. L’infortunio che ha avuto gli ha fatto male; non so e non voglio sapere perché alla Roma sia finita così, ma sono sicuro che ha ancora tempo per dimostrare quanto vale”.
La Roma di Mourinho: “I giallorossi hanno trovato solidità e un impianto perfetto per i propri giocatori. Per i rivali è molto difficile fare gol e stanno crescendo a livello offensivo, soprattutto quando c’è Dybala, che è fondamentale. In casa, inoltre, si gioca in 12: Mourinho è stato eccezionale, insieme alla società, nel riportare entusiasmo e riempire sempre lo stadio. Non è qualcosa di semplice”.
Il calcio italiano e la Nazionale: “Sono molto contento che ci siano sei squadre nei quarti, dà valore al nostro movimento e ai tecnici italiani. Dimostra che il livello della Serie A sta risalendo. La Nazionale è in fase di ricostruzione. Mancini cerca la strada giusta, scommettendo sui giovani, che hanno bisogno di avere fiducia nei loro club, come è successo con Zaniolo. In quel caso Mancini mi aiutò, e io aiutai lui…”
Ritorno in panchina: “Ho pagato i miei errori e spero di avere una possibilità al più presto. In Italia o all’estero: la Spagna, ad esempio, la adoro. La Liga è il campionato che mi darebbe più stimoli per la mentalità che hanno la maggior parte delle sue squadre”.
