Geoffrey Moncada, direttore tecnico del Milan, ha rilasciato una lunga intervista a MilanNews.it, raccontando il suo operato in rossonero:
“La mia giornata a Milanello? Faccio subito un meeting con la mia squadra, sia sul programma della giornata che della settimana. Parliamo con Zlatan, con Kirovski di tutte le cose che dobbiamo fare. Anche con il team manager. Si parla delle partite che abbiamo visto e di tanto. Abbiamo un gruppo giovane, che ha bisogno d’essere seguito. È importante parlare con loro non solo di calcio, ma anche delle cose che gli accadono o che gli servono fuori dal campo. Per aiutarli. Milanello è la casa della nostra parte sportiva, dove c’è anche Milan Futuro”.
“C’è un bel mix. C’è chi come me viene dal mondo dello scouting e dei rapporti con i giocatori, c’è un uomo di finanza come Giorgio che è un vero e proprio crack per quanto concerne la parte economica e poi c’è Zlatan che ha il punto di vista dell’ex grande calciatore. Penso che solo lavorando tutti insieme si possano fare bene le cose, un singolo, da solo, non può farcela. Tutti i top club, in Europa, lavorano così. Se mi confronterò con Ibra sui calciatori da prendere? Sì, piace anche a lui. Adesso gli ho aperto un profilo su una piattaforma professionale per analisi dati e video, così può vedere anche lui i giocatori”.
“Morata? Questo è l’esempio perfetto di “non algoritmo”. Abbiamo preso il capitano della nazionale spagnola, che ha vinto tutto e che ha giocato già anche in Italia. Ero totalmente convinto di Alvaro, ero sicuro che fosse il ragazzo perfetto per noi. Ha una mentalità importante nello spogliatoio, da leader. Prima ho sentito l’agente, c’è anche questo lavoro da fare (ride, ndr). Zlatan poi ha parlato con il giocatore perché lo conosceva, e poi abbiamo parlato insieme. Mi piace questo esempio perché non arriva dai dati. L’anno scorso ha fatto 22 gol l’anno scorso all’Atletico Madrid. Per noi è ancora un giocatore molto molto interessante. Sono contento, lui si sente molto bene qua”.
“Rinnovi di Theo e Maignan? Abbiamo cominciato da due mesi le discussioni. Posso dire che siamo messi bene. Non so quale sarà il primo ma abbiamo cominciato molto bene. Sono veramente tutti contenti, non ho visto nessuno che voglia andare via. Potete chiedere a loro, sono tutti contenti qui al Milan”.
“Quando ero capo scout, quasi ogni weekend ero fuori a vedere partite. In Italia o all’estero. Adesso non posso star via tutto quel tempo perché ho altre responsabilità e, ad esempio, se giochiamo il sabato, viaggio la domenica a vedere una partita. Io voglio vedere i giocatori nel dettaglio, per questo cerco di muovermi in silenzio. Per evitare che si creino pressioni sul ragazzo che io voglio vedere live per poter valutare tante cose. Quali sono gli step nel prendere un calciatore? In primis si parte dall’analisi della nostra squadra e sulle aree da sviluppare e migliorare. Non usiamo solo l’algoritmo come si è narrato per tanto tempo. Non è una cosa vera. Noi abbiamo un database che ti aiutano a vedere giocatori di altri paesi. Tu puoi essere il più grande scout del mondo, ma non puoi vedere tutti i campionati. I dati ti aiutano a individuare dei profili e a darti degli input su certi giocatori, giovani o meno, e possono dirti che ci sono profili che rientrano nella tua ricerca anche in altri campionati”.
“I dati ti dicono se c’è un giocatore interessante da vedere. E lo guardiamo prima in video, con tutti gli scout che lo osservano, e poi magari lo andiamo a vedere dal vivo. Però prima di andare a vederlo in campo dobbiamo conoscere il giocatore. Impossibile chiudere un calciatore senza prima vederlo live. Io comunque ho tanta fiducia nei miei scout, dobbiamo averla per lavorare insieme. Magari a me piace tanto un giocatore, però magari nove scout mi dicono di no, che non è bravo. È importante essere d’accordo tutti insieme. Vederli dal vivo è importante, vedi tante cose… In video si scoprono tante cose, ma aspetti fondamentali come la velocità, l’impatto nei duelli… Quelle non si giudicano in video”.
“Fofana? Avevo visto un giovane che aveva tanta fiducia, che lavorava tanto in allenamento. Poi è stato interessante anche il suo rapporto con i tifosi, è un ragazzo che è sempre sorridente e aperto. Mi è piaciuto, era il suo primo anno a Strasburgo in Ligue 1: subito titolare, non ha fatto prima un percorso nel settore giovanile. È stato interessante vedere come si allena. Sono arrivato a gennaio 2019 a Milano, Fofana l’avevo già visto quando ero al Monaco, lui giocava nella seconda squadra dello Strasburgo. Ho portato il mio database a Milano e l’abbiamo seguito. Ha cominciato a giocare tante partite in Ligue 1: lì inizia ad essere difficile perché sono arrivati anche club tedeschi e inglesi. L’abbiamo comunque seguito fino al Monaco”.
“Leao nel mio database? Sì, mi ricordo che l’ho visto contro il Belenenses con il Lisbona. Penso avesse 17 anni. Giocava come numero 10, da seconda punta. Era molto libero, ho visto un profilo molto interessante: alto, longilineo, tecnicamente super. Ha fatto gol con una fiducia incredibile. Era da seguire. Poi ovviamente l’hanno visto tanti altri scout, non sono di certo io il primo ad averlo visto. Però sai, vai a vedere una partita di U17 in Portogallo e vedi un ragazzo così… Lo segui subito. Abbiamo fatto una shortlist, c’era bisogno di prendere un nuovo esterno sinistro. C’erano bei nomi (ride, ndr). C’era Leao, c’era Malen, c’era Marcus Thuram che era al Guingamp… C’era questo tipo di profilo, fisico. Oggi Leao, Malen e Thuram giocano a livelli alti e stanno facendo bene. Ma quattro-cinque anni fa non era così scontato. Leao giocava al Lille e aveva fatto solo sei mesi da titolare e l’abbiamo portato a Milano. Non è facile… In generale si è sempre molto duri con i giocatori ma per me bisogna lasciargli sempre un po’ di tempo”.
“Ci sono degli aspetti, a volte, che ti instillano il dubbio. Reijnders ci ha messo tanto tempo per arrivare ad alti livelli. Non ha giocato subito all’AZ: era nella seconda squadra ed è andato in prestito. E allora ti chiedi come mai all’AZ, che normalmente mette subito in campo chi è bravo, non ha giocato? Questo era il nostro dubbio. Ma era ovviamente nel nostro database: abbiamo creato video, abbiamo analizzato i dati, ci sono stati tanti report dove l’abbiamo visto sempre bene. Non ha fatto male e né ha fatto cose da top top. Ha fatto sempre bene. Però l’ultimo all’AZ ha giocato in Conference League: l’ho visto contro la Lazio, sono andato a vederlo anche contro il West Ham… E lì mi sono detto che questo giocatore sa fare tutto, corre tanto, tecnicamente è bravo. È sempre positivo, va sempre in avanti. Mi è piaciuto come profilo, ho pensato che potevamo portarlo al Milan e vedere poi come si sarebbe sviluppato. A giugno abbiamo fatto un meeting con Stefano Pioli, a casa sua a Parma. Mi ha detto subito che aveva bisogno di un centrocampista con qualità, un numero 8 di regia, un profilo versatile. Allora gli ho fatto vedere Reijnders, Stefano mi ha detto subito che gli piaceva. Da lì siamo andati avanti veloce nella trattativa”.
“Fonseca? Paulo ha uno stile di gioco, l’abbiamo visto al Lille, che il Milan penso debba avere. Giochiamo a Milano e a San Siro, dobbiamo controllare il gioco e la palla. Dobbiamo essere solidi su questi punti. Paulo ha una bella capacità di lavorare, fa allenamenti interessanti. Lavora individualmente e col collettivo. Per esempio può lavorare con tutti i centrocampisti: dopo l’allenamento prende quattro-cinque centrocampisti e fa un lavoro specifico con loro. Siamo a novembre, a fine stagione sono sicuro che vedremo tanti giocatori che avranno fatto uno step enorme con lui”.
“Le top 5 europee sono il City, il Liverpool, il Bayern ecc. Noi vogliamo provare almeno ad avvicinarci, ma non è facile. Anche il Liverpool ci ha messo otto anni per arrivare a questo livello, prima non era così. Hanno fatto un lavoro importante. Però hanno avuto una strategia con un coach che ha una metodologia di gioco precisa. Noi vogliamo fare questo tipo di metodologia di gioco con un coach che ha le idee chiare e sviluppare i giocatori. E adesso penso che Leao sia totalmente diverso. Basti vedere le sue prestazioni a Madrid, a Cagliari e in nazionale. Sono situazioni che possono succedere, non si è sempre perfetti altrimenti sarebbe troppo facile. Bisogna accettare che i calciatori possano avere momenti di difficoltà e supportarli come abbiamo fatto io e Zlatan con Rafa, dandogli supporto e un confronto costruttivo. Siamo una famiglia”.
“Pulisic? Al Dortmund era un giocatore pazzesco, veramente forte. Il Chelsea l’ha preso per questo, è uno che può giocare a destra, a sinistra, da numero dieci, dietro la punta. In Germania aveva dati impressionanti, al Chelsea no. Pensavamo che non fosse possibile che un calciatore del genere non facesse performance di alto livello in Premier League. Quando abbiamo perso Brahim Diaz è uscito subito questo nome, era una possibilità da fare in quel mercato. Il timing fa tanto. Magari due anni prima sarebbe stato impossibile. Ma quando c’è lo spazio per fare un giocatore così devi prenderlo subito”.