Riserve scarse, il tradimento di Karsdorp e il “complotto” Serra: Mou, gli alibi ti rendono sempre meno Special

Doverosa premessa: l’articolo in questione non ha alcuna intenzione (ci mancherebbe altro) di mettere in discussione le competenze, le conoscenze e le abilità di uno dei tecnici – piaccia o meno – più vincenti e iconici, sotto innumerevoli punti di vista, della storia del calcio. Cosa, questa, che, invece, qualche ambiguo personaggio strilla con insistenza da tempo senza il minimo rispetto nei confronti del destinatario delle critiche stesse.

L’analisi in oggetto, al contrario, ha come finalità quella di andare a comprendere come l’attuale metodologia comunicativa adottata da parte di Josè Mourinho, il quale della stessa ne aveva fatto la propria principale arma nel corso della sua enorme carriera, abbia da tempo basato le proprie fondamenta su presupposti e argomentazioni molto poco solide, sfociando in più di un’occasione nel (sportivamente parlando) ridicolo per un uomo e conoscitore di calcio qual è il trainer lusitano.

In questi primi 18 mesi circa della sua esperienza nella Capitale, quasi mai abbiamo visto la Roma targata Special One estasiare sul campo o esprimere un calcio brillante e coinvolgente, aspetto che fa però da contraltare a una spiccata solidità difensiva che richiama a moltissime delle squadre allenate da Mou in carriera. La vittoria nella scorsa stagione della prima storica edizione della Conference League ha prima mascherato e poi fatto dimenticare alla maggior parte degli appassionati l’immagine di una squadra con poche idee e che aveva malamente fallito in campionato, risultando fuori dai giochi per la qualificazione in Champions League con larghissimo anticipo rispetto alla tabella di marcia. Per quanto indimenticabile e sentita, una coppa europea di terzo livello nella scala gerarchica continentale non può integralmente compensare quanto (non) visto nell’arco di un’intera stagione e un percorso entro i confini nazionali estremamente al di sotto delle aspettative.

Sprofondo in Norvegia

Spesso e volentieri, quasi sempre al termine di partite clamorosamente perse da parte dei suoi, abbiamo sentito Josè Mourinho lamentare una scarsa profondità e qualità della rosa, con specifico riferimento alle proprie riserve, che le impedirebbero di poter competere appieno in tutte le competizioni disputate dai giallorossi. L’esempio più calzante lo possiamo individuare tornando con la mente all’oramai storico 6-1 incassato nella fase a gironi di Conference League contro il Bodo-Glimt nell’ottobre del 2021.

“La responsabilità è mia. Sono io ad aver deciso di giocare con questa squadra. La responsabilità è mia, l’ho fatto con buona intenzione, doppia, di dare opportunità a gente che lavora tanto ma non gioca e per dare opportunità di riposare a chi gioca sempre. In un campo artificiale con questo clima ho deciso di far riposare tanti. Abbiamo perso contro una squadra che ha più qualità di noi. La formazione che ha iniziato la partita era meno qualitativa rispetto a quella impiegata dal Bodo. Se potessi giocare sempre con gli stessi lo farei, ma penso che sia rischioso perché abbiamo una differenza significativa di qualità tra un gruppo di giocatori e un altro. È un rischio grande e in una fase a girone con 6 partite ho deciso di fare questi cambi. Sapevo i limiti di qualche giocatore, non è niente di nuovo per me, ma ovviamente mi aspettavo una risposta migliore. Ma la decisione è mia, quindi la responsabilità è mia. Non c’è dubbio che una batosta del genere lascia sempre una ferita. Sono stato onesto con i giocatori, non posso essere onesto con voi, ma nell’intimità della famiglia sì. E’ una famiglia forte dal punto di vista dell’amicizia e dell’empatia. Ma so che abbiamo dei limiti, una cosa è la squadra di 12-13 giocatori, un’altra sono gli altri. Adesso forse una cosa positiva è che nessuno mi chiederà perché giocano sempre gli stessi”.

Del tipo: “La responsabilità è mia, ma la colpa è degli altri che sono scarsi”. Se, da un lato, ci sarebbe da ricordare che, a margine della suddetta disfatta norvegese, molti dei titolarissimi (Pellegrini, Abraham, El Shaarawy e Cristante) subentrarono nella prima metà della ripresa sul risultato ancora di 2-1/3-1, poi clamorosamente allargatosi nell’ultimo quarto d’ora proprio con gli stessi in campo, dall’altra appare inusuale e poco comprensibile che un allenatore che appena pochi mesi prima aveva legittimamente, e liberamente, accettato di guidare i ragazzi in questione, invece di proteggerli pubblicamente preferisca scagliarsi letteralmente contro di loro dopo una batosta colossale. Raramente, infatti, assistiamo a un’attribuzione di colpe tanto pesante da parte di un tecnico nei confronti dei calciatori di cui dispone: da Allegri a Pioli fino a Inzaghi, nessuno di questi ha mai incolpato i propri giocatori dinanzi alla stampa nei periodi più complicati. Anzi, il ruolo principale di una guida tecnica in questi casi dovrebbe essere quello, in primis, di difendere i propri ragazzi piuttosto che accusarli di non essere all’altezza.

Anche perché con un organico oggettivamente inferiore rispetto a quello in mano al più celebre collega portoghese, Paulo Fonseca, seppur non riuscendo a portare a casa titoli, era stato comunque abile a plasmare un undici con una precisa identità tecnico-tattica, in grado di raggiungere la semifinale di Europa League dove fu eliminato solamente dal Manchester United, e avendo probabilmente come “unica” pecca l’incapacità di portare a casa gli scontri diretti. Villar, Darboe e Borja Mayoral, pesantemente vessati da Mourinho, avevano rappresentato elementi di buon valore sotto la gestione dell’attuale allenatore del Lille. Possibile che con Josè fossero diventati tutto d’un tratto dei brocchi?

Sergio Oliveira e Maitland-Niles, fortemente voluti da lui stesso a gennaio 2022, perché man mano sono finiti con il perdere sempre maggiore centralità e spazio, proprio a favore di alcuni dei calciatori precedentemente ritenuti scarsi? Qualcosa, in tal senso, non torna del tutto…

Perché di recente Mou (giustamente) ha invece difeso Zaniolo e Bove dai fischi dei tifosi giallorossi dopo un risultato positivo? Perché questa inversione di tendenza ed empatia in base al risultato finale della partita?

Il tradimento di Karsdorp

Altro momento che ha fortemente caratterizzato l’avventura del portoghese in giallorosso. Dopo il pari sul campo del Sassuolo, infatti, lo Special One si presenta nel post-partita senza praticamente spendere una parola sulla poco esaltante prova dei suoi a Reggio Emilia. Tutte le attenzioni si proiettano su un calciatore che, subentrato nel match contro i neroverdi, lo avrebbe addirittura “tradito” a causa di un atteggiamento ritenuto non professionale.

Il nome, come noto, ci metterà poco a uscir fuori e coinciderà con quello di Rick Karsdorp che, dopo un infinito tira e molla, rimarrà clamorosamente nella Capitale a gennaio dopo aver vissuto per settimane ai margini del progetto da autentico separato in casa, rientrando poi nei ranghi della Lupa.

Indipendentemente dal fatto che il tecnico avesse ragione o meno, la domanda è: perché attaccare pubblicamente un proprio tesserato che non ha immediato diritto di contradditorio, ledendone la dignità e recando un potenziale danno tecnico, oltre che economico, al club per il quale operi e non soffermarsi, invece, su cosa non abbia funzionato a 360 gradi sul campo?

Il doppio confronto con la Cremonese

A seguito dell’eliminazione ai Quarti di Finale di Coppa Italia per mano della Cremonese all’Olimpico, Mourinho, dopo il turnover forzato, affermò che questa squadra faticherebbe a compiere adeguatamente delle rotazioni di formazione lasciando intendere, anche in questo caso (seppur in maniera molto meno pesante e diretta, ndr), che le riserve giallorosse non sarebbero al livello dei titolari.

Davvero c’era l’impellente necessità di tutti i titolarissimi in campo dal 1′ per battere una squadra – con il massimo rispetto per i grigiorossi – ultima in Serie A e che, all’epoca, non era ancora riuscita a vincere in campionato?

La sfida si ripropone qualche settimana più tardi allo “Zini” in campionato e, a parte un non al meglio Tammy Abraham in panchina fino al 62′ e lo squalificato Smalling, la Roma schiera tutto il proprio arsenale. Risultato? 2-1 per i padroni di casa, i quali trovano i primi tre punti della propria stagione e la prima vittoria in campionato dopo ben 27 anni di astinenza.

Anche qui, più di qualcosa sulle dichiarazioni pronunciate da Mou tra le due sfide giocate nell’arco di poche settimane contro la truppa di Ballardini non sembrano tornarci del tutto.

Il Caso Serra

Proprio della suddetta sconfitta in terra lombarda, però, si parlerà pochissimo nella Capitale e a livello nazionale. Il motivo? Il clamoroso caos tra Mourinho e il quarto uomo Serra a bordo campo che porterà all’espulsione di un inferocito tecnico portoghese a inizio ripresa il quale, al termine della gara, parlerà così del controverso episodio:

“Serra? Sono emotivo ma non sono pazzo, lui non ha il coraggio di essere onesto e di dire ciò che ha detto nel modo in cui lo ha detto. Non voglio dire che lui è di Torino e noi giochiamo con la Juve e mi vogliono fuori dalla panchina, ma è stato ingiustificabile. Devo capire se posso fare qualcosa dal punto di vista legale, non ha avuto l’onestà di ammettere come mi ha trattato. Si è dimenticato…”.

Ora, non sappiamo cosa effettivamente i due si siano detti e, sinceramente, nemmeno tanto ci importa in una scena tanto surreale quanto infantile. Ascoltare però, nel 2023, Mou affermare che una sua espulsione (giusta o sbagliata che fosse, lo diranno le autorità competenti) sia dettata da un complotto pro-Juve per una gara che si sarebbe giocata nel weekend successivo appare al limite del patetico. Anche perché, poi, la squalifica di due giornate originariamente inflittagli sarà inusualmente sospesa e i suoi riusciranno a battere sul campo la Vecchia Signora.

Perché, poi, nessuno ha elogiato la bella vittoria della Cremo e ci si è soffermati solamente sul suddetto scontro?

La possibile risposta ai nostri perché

La risposta appare tanto logica, quanto banale: impedire che l’attenzione di tifosi, addetti ai lavori e cronisti si posi sulle questioni di campo quando le cose non funzionano come vorrebbe. Una tecnica che lo Special One ha sempre adottato in carriera dall’altro delle sue abilissime doti comunicative: tuttavia, l’impressione è che il portoghese oggi non sia più, proprio sul piano mediatico, quello di una volta e che lo stesso finisca troppo spesso per “abusare” del personaggio che, nel corso degli anni, egli stesso si era creato e che lo aveva portato a diventare il vero Josè Mourinho.

La Roma al momento è quarta e sta meritatamente lottando per un posto nella prossima Champions League ma, tuttavia, l’ottimo percorso della compagine capitolina sembra non beneficiare della stessa risonanza attribuita alle rivedibili uscite del proprio allenatore.

Così facendo, purtroppo, non si fa altro che finire con il parlare sempre meno della cosa più importante, ossia il pallone e tutte le dinamiche che direttamente lo riguardano, portando al contempo un colosso calcistico e mediatico come l’iconico Special One a diventare, proprio nella fase finale della propria carriera, sempre meno Special!

 

 

 

 

 

 

 

By Nicola Cosentino

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Post correlati