“Napoli, ancora non ci posso credere. Dal primo giorno che sono arrivato, mi hai coccolato. Mi hai mostrato delle parti di te così fantastiche. Mi hai fatto conoscere tante persone straordinarie. Per me e la mia famiglia sei diventata subito la nostra casa. L’unica maniera per ripagare tanto amore è indossare la maglia azzurra e fare gol, tanti gol, una valanga di gol. Mi dispiace per le persone che non amano Napoli, perchè non hanno visto quello che ho visto io. E chi invece la ama, sa che è un amore che durerà tutta la vita. Darò per te tutto me stesso, fino all’ultimo giorno, per rimanere nella storia di questa squadra e di questa città, come il miglior goleador di tutti i tempi“. Parlava così Dries Mertens, quando il 17 giugno di due anni fa ufficializzava il proprio rinnovo di contratto con il Napoli. Di questi tempi, simili parole non possono che stimolare i condotti lacrimali dei tifosi partenopei, che stanno assistendo a giornate probabilmente poco rispettose del rapporto tra Dries – abituato oramai a farsi chiamare Ciro – e la sua nuova casa.
Mertens e il Napoli: amore e record
Il Mertens arrivato nel 2013-2014 era un (quasi) perfetto sconosciuto per il calcio italiano, seppur proprio il Napoli avesse già avuto modo di incontrarlo in Europa League quando giocava nell’Utrecht. Tante stagioni, alcune decisamente magiche (come quella 2016-2017, dove Maurizio Sarri trovò la soluzione per cambiare ruolo, vita e carriera a Mertens, spostandolo per necessità e intuizione al centro dell’attacco e guadagnando un giocatore da 34 gol in stagione. Mertens, nel dicembre 2017, fu inoltre inserito tra i trenta candidati al Pallone d’Oro). Gol, valanghe di gol, come lui stesso decantava nel messaggio con il quale abbiamo aperto l’articolo, e l’incoronazione a miglior goleador in tutte le competizioni nella storia del sodalizio partenopeo (oltre a occupare il quinto posto nella classifica dei calciatori con più presenze).
Il Mertens-calciatore è noto, archetipo fluido e dinamico che si è divincolato dalla fascia sinistra per distribuire giocate e pennellate centralmente, da Falso 9 – come la nota etichetta porta a definire – oppure da sostegno a Victor Osimhen, seppur quest’opzione non sia stata eccessivamente esplorata. Analizzarne il talento consegnerebbe probabilmente banalità all’elaborato, dunque poniamo l’accento sulla simbiosi tra il Mertens-uomo e la città. Nel gioco di italianizzazione dei nomi stranieri, è intuitivo come Dries non porti a Ciro. Eppure così è stato, perché la simbiosi tra il classe ’87 e il contesto che ne ha colorato i giorni – e Napoli è la città dei mille colori, cantava l’eterno Pino Daniele – ha richiesto in maniera quasi doverosa una marchiatura per questo folletto: Ciro, così come Gennaro, permettono di essere riconosciuti come napoletano ad honorem.
Un epilogo (forse) triste
Amore e dedizione che Mertens ha portato in campo, dove per talento e atteggiamento è costantemente stato un leader: 148 gol – il già menzionato record – sono un’ulteriore testimonianza di tutto ciò. Le parole di ieri “pensavo di restare al Napoli, strano che abbiano aspettato così tanto” denotano uno stupore condiviso da parte di chi scrive, perché con serenità e lucidità le parti avrebbero potuto trovare un accordo o quantomeno evitare che il tutto scivolasse – e scadesse – in scambi epistolari tramite la stampa conditi da considerazioni sulla “vile moneta“, per riprendere un passaggio pronunciato da Aurelio De Laurentiis. Nulla è ancora ufficiale, l’addio minuto dopo minuto è l’epilogo più accreditato alle nove stagioni vissute insieme, con il malumore che non può che serpeggiare in chi aveva trovato un nuovo punto di riferimento, nato in Belgio ma diventato Ciro.