❗ Sarri paga una narrativa sbagliata: gli ultimi anni sono stati da vincente

Il carattere chiuso, l’approccio rigido, la famigerata freddezza nei confronti dello spogliatoio sono motivi che hanno spinto stampa e appassionati a etichettare Maurizio Sarri come un allenatore preparato ma limitato, poco adatto alle grandi squadre. Il nome del mister è rimasto legato inevitabilmente al triennio a Napoli, segnato da un record di 91 punti in Serie A non superato neanche con lo Scudetto e un calcio di rara bellezza. Nonostante ciò, la sua creatura calcisticamente più riuscita e completa non è riuscita a vincere nessun titolo. Poiché il trainer della Lazio negli anni successivi non ha cambiato approccio pur allenando grandissime squadre, soprattutto davanti ai microfoni, quel pregiudizio che lo vede provinciale, “brutto, sporco e cattivo”, poco adatto a brillare negli ambienti più elevati di questo sport gli è rimasto ingiustamente addosso.

I numeri, però, raccontano una storia profondamente diversa: un’Europa League al Chelsea, l’ultimo Scudetto vinto dalla Juventus, uno storico secondo posto in campionato al secondo anno con la Lazio. La proposta di Sarri richiede tempo per essere metabolizzata e la crescita biancoceleste nella seconda stagione, nonostante un Ciro Immobile mai così poco presente e spento, lo testimonia. L’allenatore, pur prediligendo il 4-3-3, ha dimostrato nelle due precedenti esperienze di sapersi adattare a spogliatoi diversi e società diverse semplificando il suo calcio e trovando soluzioni ottimali per trionfare in tempi brevi. Tutto ciò valorizzando i propri calciatori: Eden Hazard Paulo Dybala hanno toccato l’apice della propria carriera nei 9 mesi in cui il nativo di Figline Valdarno li ha avuti a disposizione.

Flessibile nella gestione della squadra, ferreo con giornalisti e con club per nulla abituati a un metodo dal sapore antico. Maurizio Sarri sa essere entrambe le cose, ma in campo porta sempre la versione meno estremista e schematica di sé. Chi per aspetti che esulano da ciò che si vede sul terreno di gioco minimizza il lavoro fatto al suo interno non rende giustizia al percorso dell’allenatore. Partire dalla Seconda Categoria e vincere lo Scudetto è un’impresa che racconta il calcio come possibilità di scalata sociale e crescita umana. Cambiare la propria condizione è possibile: un uomo che non aveva nessun presupposto per allenare può costruirsi una carriera da indiscutibile vincente.

By Emanuele Garbato

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