Tanta voglia, troppa confusione, pressione e imprecisione: Vlahovic, la crisi continua

Prosegue il momento decisamente no di Dusan Vlahovic, a secco anche ieri contro la Sampdoria e complessivamente autore di una prestazione intrisa di tantissima voglia e altrettanto spirito, ma anche di eccessiva imprecisione e confusione. Rigore fallito a parte, che nella sostanza rappresenta l’ultima delle colpe da imputare al centravanti serbo, la partita dell’ex Fiorentina ha messo nuovamente a nudo la scarsa compatibilità del ragazzo con una delle possibili vesti tecnico-tattiche cucite in stagione da parte di Massimiliano Allegri. 

Complici le contestuali assenze di Di Maria, Chiesa e Milik per infortunio, cui si sommava quella di Kean per squalifica, il classe 2000 è stato lanciato da titolare come unica punta, supportato dal solo Miretti da trequartista. Ciò ha portato il talento scuola Partizan da un lato a dover reggere da solo il peso dell’attacco sia nella veste di boa e riferimento offensivo, sia in quella di finalizzatore.


Il risultato: 90 e passa minuti nei quali il ragazzo ce l’ha messa davvero tutta nello svolgere al meglio le due fasi, le quali lo hanno visto in una scontrarsi (anche) con la sfortuna e dover rimandare ancora una volta l’appuntamento con il goal, nell’altro sbagliare una quantità industriale di appoggi e passaggi sulla carta semplici, finire diverse volte in fuorigioco e farsi sovrastare in molteplici occasioni dai colossi difensivi blucerchiati. Se, da un lato, un periodo di appannamento in zona goal è più che normale per qualsiasi attaccante di questo mondo, dall’altro la realtà appare però eloquente: non si può pretendere che un calciatore con determinate caratteristiche svolga dei compiti del tutto incompatibili con le stesse.

Costringere Dusan ad abbassarsi per gran parte della gara, giocare prevalentemente spalle alla porta e a fare la guerra significa non solo depauperare le immense doti del ragazzo nell’area di rigore avversaria e nell’attacco alla profondità, ma anche non godere di quanto auspicato e patire inesorabilmente ciò nella costruzione del gioco. Lo spirito e la mentalità da vincente di DV9 portano lo stesso a dare tutto in campo in qualsiasi contesto, porzione di campo e per qualunque mansione gli sia attribuita, ma l’impegno – purtroppo – non basta se quanto richiesto non rientra pienamente nelle tue corde e i tuoi punti di forza sono palesemente altri.

La tangibile sensazione è che il forte centravanti sentisse (ieri in particolare) il peso di dover incidere in prima persona sulla partita (considerate le suddette assenze, ndr) il che lo ha portato ad avvertire eccessivamente la pressione. a strafare e a sbagliare goffamente anche le cose potenzialmente basilari: come nel primo tempo, quando, all’altezza della metà campo, ha finito per pestare i piedi a Fagioli, meglio messo con il corpo rispetto a Dusan nella relativa azione.

Chiaro che gli acquisti estivi di Di Maria e Milik fossero stati effettuati anche (e soprattutto) per mettere in condizioni Vlahovic di esprimersi a dovere e incidere proficuamente in zona goal, così come quello di Kostic per garantire un numero quanto più elevato possibile di rifornimenti per il connazionale. I suoi infortuni, e quelli dei compagni, hanno però più volte costretto Allegri a dover rivedere i propri piani e a chiedere un sacrificio (apparso a più riprese insostenibile) alla sua principale arma offensiva.

Contesto tecnico-tattico spesso avverso, però, ciò non esonera ovviamente il calciatore dalle proprie responsabilità: il tempo per riscattare una stagione fin qui molto deludente ancora c’è, ma servirà ancora maggior impegno, lucidità, personalità e forza mentale.

 

By Nicola Cosentino

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