❗ Zanetti: “Non mi vedo allenatore, felice di essere una risorsa per l’Inter da vicepresidente”

Javier Zanetti, vicepresidente dell’Inter, è intervenuto all’Aspire Academy Global Summit 2023 rilasciando alcune dichiarazioni, riprese da FcInterNews.it:

Valdano disse che avrebbe voluto avere due cappelli per celebrare la mia carriera, chi è stato il tuo esempio? 
“Il mio esempio sin da bambino è stato mio padre che mi ha trasmesso dei valori umani molto importanti che mi hanno accompagnato prima da giocatore e ora da manager. E’ stato e continua a essere un riferimento importante nella mia vita”.

Orsato ha dichiarato che ti cita come esempio quando va a insegnare nelle scuole.
“Sentire questo parole da un arbitro così mi fa piacere perché vuol dire che mi sono comportato in una certa maniera durante tutta la mia carriera. Cerco di trasmettere sempre certi valori prima ai miei figli e poi a tutti i giovani che chiedono dei consigli”.

La tua carriera è piena di record, cosa fai esattamente da vice presidente? E come hai gestito la transizione da giocatore a dirigente?
“Prima di tutto, serve preparazione. Quando ho smesso di giocare a calcio, avevo già in mente cosa avrei voluto fare del mio futuro: non mi vedevo come allenatore ma volevo essere un manager con una visione a 360 gradi. Mi sono detto che avrei dovuto studiare e imparare tanto per arrivare a quel livello lì. Così ho deciso di intraprendere gli studi all’Università Bocconi, è stata una scelta importante per me iniziare questo percorso. Mi ha permesso di scoprire tante cose che non conoscevo, adesso mi sento una risorsa per il mio club, per il calcio mondiale. Faccio parte del board della FIFA, della UEFA, all’Inter sono vice presidente e supporto la parte corporate e sportiva. In campo vogliamo vedere una squadra compatta e unita, ora che sono in tribuna ho capito che è importante anche la squadra che si forma fuori dal campo. Io ora faccio parte di questa seconda squadra e dobbiamo fare team. Questo nuovo ruolo mi piace molto”.

Il segreto della tua longevità in campo.
“Ci vuole dedizione, rispetto della professione e tanto lavoro. La concentrazione era sempre al massimo, quello che facevo in settimana lo portavo in partita. Ho imparato tanto dalle difficoltà e dalla sconfitte che mi hanno reso più forte. Poi mi sono messo sempre al servizio dei miei compagni, eravamo tutti importanti ma nessuno era indispensabile”.

Sei stato capitano dal 2001 al 2014.
“Sono stato capitano di grandissimi campioni, che a loro a volta avrebbero potuto fare i capitani. Ho lasciato tutti gli interessi da parte per il bene della squadra. Sono arrivato in Italia molto giovane, ho completato la mia crescita come uomo e calciatore qui. Anche senza la fascia, i compagni mi hanno sempre rispettato per quello che ero”.

Ti sei mai affidato a un medico dello sport?
“L’aspetto mentale è la cosa più importante. Io sono sempre stato molto positivo, mentalmente ero molto forte. Quando giocavo io non c’erano le persone che potevamo aiutarti sotto questo aspetto che è essenziale. Tutti abbiamo momenti difficili nelle nostre vite, siamo uomini, l’aspetto mentale fa la differenza”.

A proposito di aspetto mentale, mi viene in mente la semifinale di Barcellona nel 2010.
“Quando una squadra vuole arrivare a un obiettivo e fa di tutto per farlo, difficilmente non ci arriva. Quella squadra lì aveva grande personalità e affrontammo la squadra migliore del mondo con Messi, Iniesta, Xavi, Puyol, Ibrahimovic, Pedro. Poi al Camp Nou, dopo 20’ con un uomo in meno, è scattato qualcosa in tutti noi che era quello di arrivare in finale. Tutti ci siamo sacrificati per questo obiettivo e anche così siamo arrivati in finale. Quando tu fai parte di una squadra, bisogna aiutarsi sempre, una squadra vincente deve essere sempre unita e pronta a sacrificarsi”.

Quali sono stati gli allenatori che hanno avuto maggiore influenza su di te?
“Simoni, Mourinho, Bielsa. Tutti allenatori che ti facevano andare oltre le tue possibilità, anche quando pensavi pensavi di non averne più. Allenatori molto preparati, completi, top, con ampia conoscenza del calcio e di tutte le sue dinamiche”.

I diversi tipi di leadership.
“Io parlavo poco, solo se c’era la necessità. Davo l’esempio con i fatti, i compagni sapevano che agivo per il bene della squadra. E’ questa la migliore forma per dimostrare la leadership”.

In cosa devono migliorare i dirigenti nel rapporto con gli allenatori?
“Se io credo in una persona che ho scelto, gli devo dare il tempo per esprimere le sue idee. Non è che alla prima difficoltà metto tutto in dubbio, anzi, devo stargli più vicino e supportarlo. Nel calcio comandano i risultati, non solo in Italia, ma bisogna anche guardare il lavoro”.

Un giocatore percepisce subito se non c’è fiducia in un allenatore.
“Da giocatore confermo, per questo è importante il supporto del club, è fondamentale. Noi quando abbiamo vinto tutto è perché tutti componenti erano uniti, eravamo una stessa cosa”.

Quanto è difficile tenere rapporti a livello internazionale da dirigente.
“Non è difficile, basta creare relazioni ed esprimere idee sempre nel bene del calcio mondiale”.

 

 

 

By Nicola Cosentino

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