🔵 Da Sarri e Giuntoli a Garcia e Meluso: la scommessa di ADL sarà ancora vincente?

Al presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis l’ordinarietà non piace. L’annuncio di Rudi Garcia Mauro Meluso come allenatore e direttore sportivo di una squadra che in questa stagione giocherà col Tricolore sulla maglia ha stupito tutti. Da un lato c’erano una montagna di candidature autorevoli su cui la stampa insisteva con una certa veemenza, dall’altro nessuno avrebbe immaginato un underdog parziale in panchina e uno totale come uomo mercato. Del resto la società partenopea ha vinto lo Scudetto proprio nell’anno in cui ha cominciato a limare e ridurre il monte ingaggi e, al netto di una possibile permanenza a cifre elevate di Victor Osimhen, non intende sconfessare la matrice economicamente oculata proprio quando si è dimostrata efficace anche per il successo.

Rimpiazzare Luciano Spalletti con un profilo lontano da tempo dal grandissimo calcio era improbabile ma non totalmente imprevedibile: in fondo anche prendere un giovane in rampa di lancio non avrebbe garantito quel quid d’esperienza e per di più lo stesso tecnico di Certaldo per quanto universalmente acclamato per il proprio valore mai aveva trionfato in Italia in passato. La scelta del ds, tuttavia, è ben più spiazzante. Ci si aspettava un pezzo da 90 come Frederic Massara, è giunto un grandissimo professionista della provincia con due soli campionati di Serie A (una salvezza centrata e una mancata) alle spalle. Va però ricordato che quel Cristiano Giuntoli che oggi alla Juventus rappresenta una garanzia a Napoli è arrivato quando ai massimi livelli era un perfetto sconosciuto.

La decisione ha molti punti di contatto con quella presa nell’estate del 2015, anno in cui dal Carpi arrivò il dirigente e dall’Empoli approdò Maurizio Sarri. Anche in quel frangente la spending review appariva necessaria, anche in quel caso un ciclo era finito. Si trattava, tuttavia, di un epilogo poco glorioso: Rafa Benitez lasciava Napoli con due trofei conquistati e una base di calciatori solidissima che ha fatto la fortuna della successiva era, ma anche senza qualificazione in Champions e con una proposta calcistica in progressivo declino.

De Laurentiis, azzerando, convinse tutti: in primis i tantissimi calciatori di livello che vollero rimanere, da José Maria Callejon Gonzalo Higuain, e poi i tifosi a suon di risultati. Quella volta il Napoli stava cambiando strada, mentre nell’estate post-Scudetto vuole soltanto confermarla. Ciò che alla gente può apparire strano, per la proprietà è puro esempio di continuità metodologica aziendale. Nel calcio, però, cambiare non è mai intuitivo e scontato: ci sono i presupposti per far bene, ma pensare che due figure chiave estranee all’universo azzurro sostituiscano con facilità due figure di primo livello è un errore di valutazione. Il rischio esiste, il margine di successo anche. Sarà il campo a pronunciare il proprio verdetto.

By Emanuele Garbato

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