Due disastri trattati e narrati in modo diverso: Gian Piero, meriti le scuse!

La mancata qualificazione al Mondiale 2018 ha gettato nello sconforto calcistico un Paese intero. Non fare i Mondiali, per l’Italia, significa rinunciare a tutte le pietre su cui si poggia la narrazione e la passione che, a fasi alterne, unisce un popolo intero nelle notti d’estate più calde (prima dell’avvento qatariota).

Che siano Mondiali o Europei, la kermesse estiva è prassi a cadenza biennale per ricordare a tutto il Paese l’unità nello sport che più di ogni altro paese europeo divide, fa discutere e fa amare. Una tradizione spezzata quando la Nazionale italiana cadde nel doppio confronto con la Svezia in una notte drammatica in quel di San Siro.

Al triplice fischio del signor Lahoz sconforto ed indignazione hanno portato tutti a puntare il dito verso il colpevole più esposto: l’allora CT Ventura. Furono chieste le dimissioni, gli furono imputati errori nel corso di un biennio che il CT chiuse, nel girone di qualificazione, alle spalle della sola Spagna. Ventura era diventato il nemico numero 1 dell’Italia sportiva che aveva tutto d’un tratto cancellato la storia quarantennale di un allenatore arrivato in Nazionale grazie a gavetta e sacrifici, grazie a quella passione che tutti gli italiani professano e che, a furor di popolo, hanno gettato per far emergere la frustrazione miope.

L’avvento di Mancini

A distanza di quasi 6 anni da quella gara del 13 novembre 2017, è possibile porre l’accento sul ciclo di Roberto Mancini, il successore dell’ex allenatore del Torino. Il movimento preso in mano da Mancini era disastrato: il non Mondiale in Russia era solo il culmine dell’eliminazione ai limiti del ridicolo sia nel 204 che nel 2010. Una Nazionale che non ha mai superato il gap con quella generazione che ha vinto il Mondiale del 2006 e che, checché se ne dica, non è rifiorita neanche nelle notti europee del 2021.

La vittoria dell’Europeo, osservata a distanza di due anni, è un caso isolato. Uno splendido, meritato e studiato caso isolato. Il CT Roberto Mancini è riuscito con bravura e professionalità a mettere in piedi un gruppo incredibile coadiuvato dal compianto Vialli. L’Italia, poi, ci ha messo del suo vincendo partite difficili e regalando un’estate da sogno, dopo un anno difficile per tutti, ad oltre 60 milioni di persone.

Dopo l’Europeo, complice dell’aver nascosto la polvere sotto al tappeto, si è dato per scontato che i problemi fossero alle spalle. Il Movimento da zoppicante era diventato tutto ad un tratto florido: sbagliato. Al netto di qualche individualità importante, con calciatori potenzialmente da top in Europa ma che non sono annoverabili nella schiera dei fuoriclasse, l’Italia ha imbastito un cammino post Europeo disastroso.

Niente più bel gioco, problema centravanti come mai nella storia ed una macchina armoniosa inceppatasi sino alla notte di Palermo quando Trajkovski, col diagonale destro, mise a nudo tutte le difficoltà dell’Italia. Niente Mondiale per la seconda volta. Ed è qui che scatta il nodo della questione che, prendendo in prestito le parole di Ventura, torna attualissimo.

“Dico solo che in quattro anni, nel commentare due mancate qualificazioni mondiali, si è passati dalla tragedia epocale del 2018 all’incidente di percorso del 2022”.

Ventura, a distanza di anni e con l’educazione che lo contraddistingue, dice ciò che molti pensano ma che nessuno dice e che tutti dovrebbero sapere.. Lo stesso risultato sportivo a distanza di 4 anni va giudicato allo stesso modo e la vittoria un anno prima di un trofeo importante più che attenuante è un aggravante. Se quello di Ventura era stato un disastro epocale lo è stato anche quello di Mancini. Se, viceversa, si ritiene quello di mancini un incidente di percorso allora anche quello di Ventura doveva essere annoverato come tale.

Un “errore fatto per amore”, come definito dallo stesso Ventura, ha posto fine nei fatti alla carriera di Mister Libidine che resterà nell’immaginario collettivo come l’uomo che non è andato ai Mondiali. Per fortuna del Mister la Nazionale, per quanto totalizzante, non ha poteri di cancellazione e dunque le sue imprese a Cagliari, Lecce, Pisa, Bari e Torino resteranno in queste piazze che custodiscono l’essenza più vera del calcio.

L’Italia, popolo di poeti ed allenatori, professa passione e consegna ingiustizia. Caro Gian Piero, meriti le scuse che, probabilmente, non ti verranno mai fatte!

 

By Alessio D'Errico

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