Scrivere del Mohamed Salah versione Liverpool è un esercizio per lo sgradevole allenamento della superficialità, dato che è stato (legittimamente e giustamente) snocciolato in ogni forma il suo apporto quali-quantitativo ai Reds. Un matrimonio che ha donato linfa alla squadra e le chiavi d’ingresso nell’élite dei world-class players all’ex Roma. Lo stile di gioco dell’egiziano e il credo calcistico di Jürgen Klopp hanno concretizzato una scena che tante volte abbiamo letto in un libro oppure visto in un film o serie tv: dovevano semplicemente incontrarsi.
Ci siamo tanto amati e ci stiamo tanto amando
Una crasi di talento e conoscenza del gioco che hanno riportato il Liverpool dove la storia suggeriva di stazionare, ovvero ai vertici in patria e nelle competizioni europee, e Mohamed – come sopra scritto – a banchettare con i più grandi di questa epoca. Il posto di Salah è, da anni, questo: il classe ’92 può costantemente annusare l’aria del Pallone d’Oro, non per comporre un ossimoro bensì per confezionare e certificare tutte le sensazioni positive che, settimana dopo settimana, il prodotto del vivaio dell’Al-Mokawloon restituisce.
In questa stagione sono già trenta le reti messe a segno in tutte le competizioni, condite dai tredici assist referati in Premier League. I continui acciacchi di Firmino hanno parzialmente modificato l’esplosivo tridente al servizio di Klopp, che vede in Diogo Jota il nuovo arsenico per le difese avversarie. L’affinità con Momo e Mané è comunque notevole, come evidenziano i numeri dei tre e i risultati della squadra, ancora in corsa per eguagliare uno storico poker di trofei. Per farlo, sarà necessario superare l’ostico Villarreal. Come? Con la solita l’intensità, il proverbiale gioco e l’imprevedibile verve di Salah, già pronto a rientrare dalla destra e ad armare quel mancino che tante poesie sa scrivere ma che, allo stesso tempo, tanti dispiaceri agli opponenti può provocare.